Le aziende cinesi provano a reagire alla pressione della autorità americane sul settore dei semiconduttori. Insieme alla società di software Kingsoft Corp. , il colosso degli smartphone Xiaomi ha creato un fondo da 10 miliardi di yuan, pari a 1,45 miliardi di dollari, per sostenere l'industria cinese dei chip.
Da un documento depositato presso la Borsa di Hong Kong emerge che il fondo si baserà su investimenti in chip e tecnologie correlate, tra cui l'intelligenza artificiale, i nuovi materiali, la produzione intelligente, la tecnologia di visualizzazione e l'elettronica automobilistica. Gli investimenti "saranno conformi alle tendenze nazionali di sviluppo e trasformazione industriale guidate dall'innovazione", recita l'annuncio.
Le decisioni d'investimento saranno prese da un comitato di cui il fondatore e amministratore delegato di Xiaomi, Lei Jun, sarà il presidente. Il terzo produttore al mondo degli smartphone dietro Apple e Samsung sarà il più grande sostenitore del fondo con un contribuito di circa un terzo del capitale complessivo, attraverso due filiali. Mentre Kingsoft parteciperà con una quota di 500 milioni di yuan. Per il resto, al momento vi sono altri investitori sostenuti dalle municipalità di Tianjin e Pechino.
Da Xiaomi parte la scalata della Cina ai chip di fascia alta
Dato che gli Stati Uniti stanno chiudendo le porte d'accesso dei suoi principali produttori di chip, la Cina si trova a dover incrementare gli sforzi per rendersi maggiormente autosufficiente nella tecnologia dei semiconduttori. Washington ha impedito alle aziende cinesi di usufruire dei chip di fascia alta dei colossi americani, oltre che vietare l'importazione di apparecchiature per la produzione dei semiconduttori. E proprio ieri il Dipartimento del Commercio USA ha inserito in black list 28 società cinesi sospettate di fornire tecnologie all'esercito cinese che minacciano la sicurezza degli Stati Uniti.
L'obiettivo dell'Amministrazione Biden in tutto questo è quello di rallentare lo sviluppo militare della Cina tagliandola fuori da alcune tecnologie avanzate, e trovando recentemente l'appoggio di altri grandi Paesi come Giappone e Gran Bretagna.
Il Dragone ha messo in piedi molti impianti di fabbricazione di chip di fascia bassa, ma al momento non è riuscita a creare circuiti di alta gamma che servono per le grandi elaborazioni dei dati e per gli smartphone di primissimo livello. Xiaomi finora è riuscita a scampare alle sanzioni statunitensi, diversamente da quanto accaduto all'azienda rivale Huawei.
La società con sede a Pechino acquista semiconduttori da alcune aziende tecnologiche americane come Qualcomm, per produrre tutta una serie di prodotti tipo smartphone, scooter e purificatori d'aria. L'azienda investe già in una serie di startup tecnologiche cinesi, comprese le aziende di chip, attraverso l'unità di investimento Xiaomi Ventures, e negli ultimi anni ha seguito una strategia di espansione soprattutto nei mercati di Europa e India.