Exxon Mobil è in trattative avanzate per acquisire Pioneer Natural Resources. L'affare potrebbe essere portato a compimento nei prossimi giorni, salvo complicazioni, e valuterebbe il produttore di scisto nel bacino del Permiano fino a 60 miliardi di dollari. Oggi Pioneer ha una capitalizzazione di mercato che si aggira intorno ai 50 miliardi di dollari.
A queste cifre, si tratterebbe della più grande acquisizione del 2023, superando quella annunciata a marzo da Pfizer per l'azienda di farmaci antitumorali Seagen da 43 miliardi di dollari. Il bacino del Permiano è un territorio molto esteso che passa attraverso il Texas e il New Mexico ed è molto ambito dall'industria petrolifera americana per via dei costi contenuti per estrarre i combustibili fossili.
Exxon: cosa significa l'acquisizione di Pioneer
L'acquisizione di Pioneer per Exxon rappresenterebbe la più grande operazione di aggregazione da quando si è fusa con Mobil nel 1999, un deal da 81 miliardi di dollari. Ciò renderebbe il colosso americano il principale produttore nel bacino del Permiano con una produzione annua di circa 1,2 milioni di barili giornalieri. Tra l'altro, ciò permetterebbe a Exxon di fornire greggio a basso costo e rischio contenuto alimentando la sua rete di raffinerie sul Golfo.
Attualmente, Exxon ha un valore di mercato di 436 miliardi di dollari e conserva la palma del più grande produttore di greggio degli Stati Uniti fornendo una media di 3,8 milioni di barili al giorno. L'importanza di un operatore come Pioneer è evidente, dal momento che l'azienda texana figura oggi come il terzo player di greggio nel Permiano, alle spalle di Chevron e ConocoPhillips.
Tra l'altro, un'eventuale fusione darebbe a Exxon la possibilità di investire in terreni già consolidati, piuttosto che rischiare in aree sconosciute. Nel Permiano, il gigante energetico ha prodotto 620 mila barili di petrolio giornalieri nel secondo trimestre, il che rappresenta un record per la società. Pioneer ha fatto meglio nello stesso periodo, arrivando a un'estrazione di 711 mila barili al giorno.
Il disappunto della Casa Bianca
La pratica di fare affidamento a superfici di cui già si conosce la quantità di greggio che è possibile estrarre e non di esplorare nuovi terreni è eseguita anche da altre grandi imprese energetiche, proprio attraverso le operazioni di aggregazione. Ad esempio Chevron a maggio di quest'anno ha concordato l'acquisizione del produttore di scisto PDC Energy per 7,6 miliardi di dollari, saldabile attraverso azioni e debito. La stessa Pioneer negli ultimi anni ha fatto sentire la sua presenza con la fusione di DoublePoint Energy nel 2021 per un valore di 6,4 miliardi di dollari e di Parley Energy l'anno prima per 7,6 miliardi di dollari.
Tuttavia, questi movimenti non piacciono troppo alla Casa Bianca, preoccupata dei profitti eccessivi delle compagnie petrolifere a spese dei consumatori. Da tempo, il governo degli Stati Uniti accusa colossi come Chevron di incamerare attraverso ricchi dividendi i guadagni che in questi anni sono derivati dall'aumento dei prezzi del petrolio, investendo poco nella transizione energetica.
Nel 2022 i profitti di Exxon sono saliti a un livello record di 59 miliardi di dollari, quanto è bastato per spingere le azioni in Borsa a una performance di oltre l'80%. Questo è servito per fornire le risorse all'azienda per un potenziale accordo di fusione. Questa estate era stato l'amministratore delegato Darren Woods che, rivolgendosi agli investitori, aveva detto di un piano della società per operazioni di M&A, rimanendo nel contempo focalizzata sulla creazione di valore per gli azionisti.