ENI perde circa l'1% nei primi scambi a Piazza Affari, dopo aver riportato
utili annuali da record per il 2022. Il Consiglio di Amministrazione del gigante energetico italiano ha approvato i risultati consolidati dell'esercizio e del quarto trimestre 2022, spinti dai prezzi elevati di gas e petrolio. Dopo il calo degli ultimi mesi, i prezzi rischiano di mantenersi alti anche nel 2023, a causa di una possibile escalation del conflitto.
Nel commentare i risultati, l'amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi ha sottolineato come i dati del 2022 siano stati eccellenti, l'azienda si è fortemente impegnata sia nel portare avanti gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sia nel garantire la sicurezza energetica all'Italia e quindi all'Europa. Il CEO evidenzia anche come durante lo scorso anno il gruppo abbia concluso una serie di accordi e di attività per rimpiazzare in modo definitivo il gas russo entro il 2025.
Al riguardo ENI ha potuto contare su "solide relazioni con i Paesi produttori", tipo Algeria, Egitto, Mozambico, Congo e Qatar. A questo si aggiungono "l’ultima operazione con la società di stato libica NOC per lo sviluppo del progetto Strutture A&E e i recenti successi esplorativi nelle acque di Cipro, Egitto e Norvegia" che andranno a "rafforzare la diversificazione geografica delle forniture", ha detto Descalzi.
ENI: tutti i numeri del 2022
Nel quarto trimestre 2022 ENI ha realizzato un utile netto rettificato di 2,5 miliardi di euro (0,74 per azione), al di sotto delle stime degli analisti che lo davano a 2,6 miliardi. Tuttavia, per l'intero anno i profitti sono stati da record, ossia 13,31 miliardi di euro (3,78 per azione), più del triplo rispetto ai 4,33 miliardi (1,19 per azione) del 2021. L'utile operativo del Q4 è risultato di 3,59 miliardi, in calo rispetto ai 3,86 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente. Mentre, sul 2022 il dato è stato di 20,39 miliardi, più del doppio in confronto ai 9,66 miliardi del 2021.
Tali risultanze riflettono "l’eccellente andamento dei settori E&P, GGP e del business R&M", ha comunicato la società. Nello specifico, E&P (Exploration & Production) ha conseguito un incremento di Ebit di oltre il 70% a 16,4 miliardi di euro grazie all’elevato grado di leva operativa rispetto allo scenario delle materie prime.
GGP (Global Gas & LNG Portfolio) ha realizzato un Ebit di 2,1 miliardi di euro, provvedendo alla sostituzione di gas russo con gas equity o da paesi ove il gruppo opera, assicurando la continua ottimizzazione del portafoglio gas e GNL in un contesto di offerta insufficiente, garantendo stabilità e sicurezza degli approvvigionamenti per i clienti e la gestione dei rischi finanziari.
R&M (Refining and Marketing) ha ottenuto il migliore risultato di sempre con un Ebit di 2,2 miliardi di euro, rispetto a un risultato in pareggio nel 2021, grazie alla disponibilità degli impianti e all’ottimizzazione dei prodotti, cogliendo le opportunità della ripresa dello scenario di raffinazione, mentre le misure di efficienza hanno attenuato l’impatto dell’incremento dei costi energetici.
L'indebitamento finanziario netto ex-IFRS 16 al 31 dicembre 2022 è pari a 7 miliardi di euro, in diminuzione di 2 miliardi rispetto alla fine del 2021. Il leverage di gruppo a 0,13, rispetto allo 0,20 al 31 dicembre dell'anno precedente. Questo rappresenta un "minimo storico", sottolinea l'AD Descalzi. Oggi alle 13 ENI pubblicherà gli obiettivi finanziari e operativi per il 2023 e il Piano strategico 2023-2026.
Dividendi e buyback
La riduzione dell'indebitamento è stata resa possibile dalla generazione di un free cash flow organico di 12,8 miliardi di euro, impiegati anche per la manovra di portafoglio e remunerare gli azionisti con 5,4 miliardi di euro per il pagamento dei dividendi e il riacquisto di azioni proprie.
La cedola è prevista in tre tranche. Le prime due sono state pagate nel 2022 per 22 centesimi per azione ciascuna, sborsando una cifra di 1,47 miliardi di euro. La terza sarà eseguita il 22 marzo 2023 per lo stesso importo, con stacco cedolare il 20 marzo. Il piano di buyback è stato completato nel mese di novembre e ha comportato un ritiro di 196 milioni di azioni dal mercato per una cifra complessiva di 2,4 miliardi di euro.