Le autorità cinesi negli ultimi giorni hanno messo in campo nuove misure per sostenere le azioni in Borsa. Il tentativo di rinvigorire le quotazioni dopo mesi di calvario si fa sempre più stringente, anche perché finora le mosse di Pechino in tale direzione non è che abbiano sortito grandi effetti.
Da ieri in Cina
non è più possibile per i principali investitori istituzionali vendere azioni all'apertura e alla chiusura di ogni giornata di Borsa. È quanto stabilito dalla China Securities Regulatory Commission (
CSRC), che ha lanciato esplicito avvertimento agli operatori particolarmente attivi in due delle fasi più importanti del mercato.
In sostanza, le aziende che sono interessate dal provvedimento hanno ricevuto il divieto di vendere più azioni di quelle che acquistano durante i primi e gli ultimi 30 minuti di scambi. Questo è un provvedimento molto importante, perché per i fondi garantiti dal governo potrebbe essere più facile influenzare il mercato.
Cina: ecco altre strette attuate finora
L'ultima stretta della CSRC è arrivata a seguito di un giro di vite sul trading quantitativo, dopo che uno dei più grandi operatori del settore, Ningbo Lingjun Investment Management Partnership, ha venduto azioni per un totale di 357 milioni di dollari in un minuto all'apertura settimanale dei mercati.
Nella serata di martedì, le Borse di Shanghai e Shenzhen hanno messo sotto esame tutte le attività di mercato dei fondi quantitativi computerizzati, nell'ambito di uno schema di monitoraggio che coinvolge anche la CSRC. Adesso, prima di effettuare un'operazione, i nuovi fondi quantitativi dovranno segnalare le loro strategie di investimento ai regolatori. Ciò riguarderà anche i movimenti sulle azioni offshore attraverso il programma Stock Connect di Hong Kong.
Ningbo Lingjun Investment, sospeso dalle contrattazioni a Shanghai per tre giorni, è stato accusato dalla autorità di influenzare il normale ordine di trading e la sicurezza delle Borse. "È necessario reprimere il trading quantitativo ora, dato che certi comportamenti hanno innescato una serie di disfatte del mercato", ha affermato Yu Yingdong, direttore generale di Shenzhen Cowin Asset Management Ltd.
Da inizio anno, il governo cinese porta avanti la politica della tolleranza zero sulle vendite allo scoperto. Alcune settimane fa ha imposto il blocco del prestito azioni ai broker per lo short selling. A stretto giro, è stato vietato l'acquisto e la rivendita delle azioni nello stesso giorno. In realtà questa pratica era già bandita in Cina, ma i trader aggiravano la regola prendendo i titoli a prestito e rivendendoli allo scoperto.
Investitori stranieri in fuga
Intanto, però, gli investitori stranieri stanno fuggendo dalle azioni cinesi. Secondo i dati rilasciati ieri dalla
People's Bank of China, nel 2023, per il secondo anno consecutivo, si è assistito ad una
diminuzione della quantità di azioni cinesi detenuta da operatori esteri. Stando ai numeri, i soggetti non cinesi avevano in portafoglio circa 2.800 miliardi di yuan, pari a 390 miliardi di dollari, di azioni cinesi alla fine dello scorso anno, in calo del 13% rispetto al 31 dicembre 2022 e del 30% in confronto al picco di fine 2021.
Gli scarichi incessanti dei titoli delle aziende cinesi sono proseguiti nel 2024, con gli stranieri che hanno venduto circa 14,5 miliardi di yuan (circa 2 miliardi di dollari) nel mese di gennaio. Questo è un segnale eloquente di come gli investitori considerino determinanti nelle loro scelte di portafoglio le difficoltà che l'economia del Dragone sta attraversando soprattutto sul fronte immobiliare. Pertanto, gli operatori di mercato preferiscono per ora altre mete alla ricerca di guadagni più elevati in rapporto al rischio sostenuto.