Gli estrattori di Bitcoin stanno vendendo token mettendo sotto pressione le quotazioni. Lo rivela una ricerca di CryptoQuant, un fornitore di dati specializzato nelle criptovalute, secondo cui dall'inizio del 2024 i miner hanno
ridotto le loro riserve di 8.400 token a 1,8 milioni complessivi. Un livello del genere si è visto l'ultima volta a giugno del 2021.
Il motivo per cui i miner vendono le proprie riserve in Bitcoin è legato al fatto che si trovano nella necessità di
finanziare le spese operative e gli investimenti, soprattutto con l'
halving in arrivo. Ad aprile ci sarà l'atteso evento che si tiene ogni quattro anni e che comporta il dimezzamento del mining di Bitcoin. Questo significa che per gli operatori che estraggono monete virtuali
il profitto diminuisce, soprattutto se il prezzo della criptovaluta non sale in maniera sostenuta. Pertanto, le società hanno bisogno di rendere più efficienti i propri impianti produttivi per ridurre i costi e sostenere i margini.
"I miner hanno iniziato a vendere più monete per rafforzare i bilanci e finanziare la crescita delle spese in conto capitale in vista di tempi più difficili per i margini, quando le ricompense dei blocchi saranno dimezzate ad aprile", ha affermato Matthew Sigel, responsabile della ricerca sugli asset digitali di VanEck.
L'exchange di criptovalute Bitfinex è sulla stessa linea. "Sembra che i miner stiano vendendo le loro partecipazioni in Bitcoin per finanziare l'acquisto di impianti di mining più efficienti. La riduzione delle entrate potrebbe avere un impatto particolare sulle operazioni minerarie più piccole, potenzialmente spingendole fuori dal mercato", ha scritto recentemente in una nota.
Bitcoin: cosa succederà nei prossimi mesi?
Cosa significa questa riduzione di riserve da parte dei miner per il prezzo del Bitcoin nei prossimi mesi? Sicuramente avrà un suo peso, secondo gli esperti del settore. Dall'inizio dello scorso anno le quotazioni della valuta digitale hanno intrapreso un poderoso rally di circa il 160% fino all'approvazione dei primi ETF spot da parte della
Securities and Exchange Commission l'11 gennaio. Quel giorno il Bitcoin aveva strappato fino a 49.000 dollari, facendo pensare che il passo per agguantare il massimo storico di 68.990 dollari di novembre 2021 sarebbe stato breve.
Tuttavia, le dinamiche delle ore successive hanno spiazzato il mercato. Le quotazioni hanno preso a scendere fino a sotto la soglia di 40.000 dollari. Gli osservatori hanno attribuito le cause della discesa alle prese di profitto dopo il lungo rally e soprattutto alle vendite del più grande fondo sul Bitcoin, il
Grayscale Investment Trust, una volta che si è trasformato in ETF.
Superato il periodo di appannamento, le quotazioni però faticano a risalire e quindi, come è stato osservato dalla ricerca citata, probabilmente il calo delle riserve dei miner ha frenato i rialzi. Il punto è fino a quanto possono ridursi tale riserve e quale sarà ancora realmente l'impatto sul prezzo del Bitcoin.
Uno dei miner messi sotto osservazione è il più grande sul mercato, Marathon Digital Holdings. La società statunitense in passato si è esposta affermando che avrebbe venduto token per coprire le spese operative. Tuttavia, lo scorso anno è riuscita a ridurre il debito e "oggi dispone di circa 1 miliardo di dollari tra contanti e Bitcoin nel suo bilancio", afferma il vicepresidente della società Charlie Schumacher. Quale sarà l'utilizzo? "Quel bottino di guerra include 15.741 Bitcoin e ci offre la flessibilità di fare bene se i cicli storici dei prezzi di Bitcoin si dovessero ripetere, o di sfruttare le opportunità di consolidamento se dovesse esserci pressione sul settore", ha dichiarato.