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Banca MPS: il piano finale del governo per la privatizzazione

10 ott 2023 - 12:00

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Palazzo Chigi intende chiudere definitivamente il capitolo MPS prima della scadenza imposta dall'UE per uscire dal capitale. Ecco cosa potrebbe succedere

Il governo Meloni ha un'ambizione molto grande: risolvere definitivamente la questione Banca MPS. Nel 2017 l'Unione Europea ha permesso la nazionalizzazione della più antica banca del mondo, il Ministero dell'Economia e delle Finanze detiene il 64% del capitale, a condizione però che fosse poi privatizzata. Inizialmente l'Europa ha fissato la scadenza nel 2021, ma poi ha concesso una proroga fino al 2024.
 
I tempi quindi stringono e l'obiettivo è trovare un partner di livello che rilevi al banca e costituisca un polo nazionale di primo ordine. La situazione attuale dell'istituto creditizio senese è molto diversa rispetto a quella di qualche anno fa. Gli scandali degli ultimi 15 anni che hanno bruciato circa 18 miliardi di euro sembrano un ricordo, che però agli occhi dei possibili acquirenti è ancora vivo. La strategia di ricostruzione orchestrata dall'Amministratore delegato Luigi Lovaglio, che ha portato a un utile annuale di oltre 1 miliardo di euro per la prima volta negli ultimi 16 anni, pare non sia sufficiente.
 
Il governo però ha un piano per liberarsi di MPS, ossia cominciare a smantellare fino al 15% del capitale attraverso un collocamento minore. Questo raggiungerebbe un triplice obiettivo: guadagnare tempo nell'attesa di chiudere con un partner; lanciare un messaggio ai potenziali acquirenti che si sta facendo sul serio mettendoli nelle condizioni di pagare meno per la quota rimanente; dare una dimostrazione all'UE dell'impegno a rispettare i patti per la dismissione.
 
 

MPS: ecco i candidati alla fusione

Per arrivare al lieto fine, il governo deve fare un accordo con una grande banca. Su questo punto ci sono pochi dubbi. Il problema è che i potenziali player al momento non stanno mostrando grande interesse, un po' per il passato di MPS, un po' perché aspettano l'avvicinarsi della scadenza con l'UE per spuntare condizioni più favorevoli. Nella lista attualmente sono tre i player italiani che potrebbro giocare un ruolo da protagonista.
 
Il primo candidato è UniCredit. Piazza Gae Aulenti è stata vicina alla fusione con Rocca Salimbeni un paio di anni fa, ma alla fine non raggiunse l'agognato accordo con il governo Draghi, il quale ritenne che le condizioni poste dal gruppo di Gae Aulenti fossero troppo onerose per lo Stato. Oggi non sembra che UniCredit voglia impegnarsi in un'operazione così importante, sebbene disponga della struttura finanziaria e patrimoniale per supportarla. 
 
Il secondo grande nome di cui si è molto vociferato è Banco BPM, ma l'istituto milanese ha spento qualsiasi speculazione sul nascere affermando di non essere interessato ad alcuna acquisizione. Secondo alcuni esperti, il CEO Giuseppe Castagna sta adottando una tattica attendista, ma non si è tirato fuori definitivamente dal tavolo delle trattative. Vincenzo Longo, strategist di IG Markets, ritiene che la paura di Banco BPM è che un'integrazione con MPS possa far perdere valore al prezzo delle azioni, creando un grosso pregiudizio per gli azionisti. 
 
Il terzo candidato è BPER Banca. L'azienda di credito modenese non si è chiamata fuori del tutto, ma ci sono due elementi che rendono difficile la fusione con MPS. Il primo è che BPER sta ancora metabolizzando l'acquisizione di Banca Carige dello scorso anno. Il secondo riguarda l'interesse del suo principale azionista, Gruppo Unipol, verso la Banca Popolare di Sondrio, di cui ha recentemente raddoppiato la partecipazione. 
 
In extrema ratio potrebbe prendere corpo la pista straniera, che riguarda Credit Agricole e BNP Paribas. I giganti creditizi francesi hanno la liquidità tale per imbarcarsi in un affare di questa portata, ma le resistenze stavolta verrebbero dal governo che mal digerirebbe l'idea di mettere in mano estera una banca così importante.
 
 

Come andrà a finire?

L'epilogo della telenovela MPS risulta essere incerto, nonostante gli sforzi per dirimere una situazione tra le più intricate che si siano mai viste nel panorama creditizio italiano. Massimiliano Romano, partner della società di consulenza Concentric, non è molto ottimista. "Non vedo spazio per una vendita di Monte Paschi a breve termine. Il contesto economico si sta deteriorando e ci sono pochi concorrenti che possono permettersi un accordo interamente in contanti", ha affermato.
 
Mentre Francesco Galietti, fondatore della società di consulenza e analisi Policy Sonar, solleva preoccupazioni sulla tempistica. "Sembra una strada in salita. Con il tempo che passa, il governo dovrà continuare ad addolcire l'offerta se spera di completare una vendita".
 
Più possibilista è invece Filippo Alloatti, responsabile finanziario della società di investimento londinese Federated Hermes Ltd, che elogia l'amministrazione di MPS per "un'esecuzione impeccabile del turnround" e sollecita il governo affermando che "ora è il momento di spingere per la riprivatizzazione".
 
 
 
 
 

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