Alphabet potrebbe essere destinata a pagare la multa record di 4,1 miliardi di dollari all'Unione europea. L'avvocata generale della Corte di giustizia UE, Juliane Kokott, ha dichiarato che il ricorso presentato dalla società a cui fa capo Google in merito alla sentenza del tribunale del 2022 che condanna la Big Tech dovrebbe essere respinto. Il motivo è che le argomentazioni portate avanti dalla difesa non sarebbero state convincenti.
"Google deteneva una posizione dominante in diversi mercati dell'ecosistema Android e quindi ha beneficiato degli effetti di rete che gli hanno permesso di garantire l'utilizzo da parte degli utenti di Google Search", ha detto Kokott. Di conseguenza, l'azienda "ha ottenuto l'accesso ai dati che gli hanno permesso di migliorare il suo servizio", ha aggiunto.
Queste dichiarazioni sono importanti perché, pur non rappresentando un parere vincolante, sono espresse da un consulente della Corte Suprema, la quale spesso ascolta le opinioni dei suoi consiglieri nelle sentenze finali. Il gigante tecnologico statunitense si è detto deluso delle considerazioni di Kokott e ha sottolineato che, se verranno avallate dalla Corte, c'è il rischio che gli investimenti siano scoraggiati e gli utenti Android vengano danneggiati.
Alphabet e UE ai ferri corti
La sanzione richiesta dall'UE fa parte di una serie di misure che hanno generato attrito tra Bruxelles e il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump. Il capo della Casa Bianca ha definito le multe europee contro le aziende americane alla stregua di tariffe, per cui potrebbe esserci una dura reazione da parte di Washington.
Nella fattispecie, Alphabet era stata inizialmente colpita con un'ammenda di 4,3 miliardi di euro, poi ridotta dal Tribunale UE a 4,1 miliardi nel 2022. Tutto risale al 2018, quando l'autorità di vigilanza europea ha accusato Google di tenere un comportamento illegale sotto tre aspetti. Il primo è la costrizione da parte del gigante della ricerca online di far preinstallare ai produttori di telefoni cellulari l'app Google Search e il browser Chrome. Questo come condizione per la licenza del suo Play Store.
Il secondo consiste nella preinstallazione dell'app Google Search come condizione perché Google effettuasse pagamenti ad alcuni grandi produttori e operatori. Il terzo è l'impedimento a eseguire versioni alternative di Android ai produttori che desiderassero preinstallare le app.
Tutti questi fatti, per la Commissione europea, costituirebbero abusi specifici che cementano una posizione dominante di Google attraverso l'ecosistema Android. L'assalto dell'UE nei confronti del gigante di Mountain View si è espresso non solo in merito all'Antitrust, ma anche con riferimento al Digital Markets Act.
Si tratta di una legge europea basata sulle regole che riguardano il comportamento delle Big Tech. Alphabet è stata accusata al riguardo di aver favorito i servizi interni nella ricerca impedendo agli sviluppatori di indirizzare i consumatori verso offerte al di fuori del suo Play Store. Tale approccio potrebbe essere passibile di ulteriori sanzioni in futuro.