Da circa un anno e mezzo ormai si discute circa l'eventualità di una
recessione negli Stati Uniti, dopo che la
Federal Reserve ha perseguito la più aggressiva campagna di rialzi dei tassi d'interesse degli ultimi 40 anni. Sono stati in molti a prevedere una contrazione imminente dell'economia americana, che finora non si è realizzata. Il mercato del lavoro si mantiene in gran forma e gli ultimi dati sul PIL trimestrale mostrano una crescita del 2,3% su base annua.
L'unica spiegazione plausibile su quella che alcuni definiscono un'anomalia potrebbe essere di un ritardo nella trasmissione della politica monetaria. In altri termini, l'impatto delle strette sui tassi da parte della Fed si vedranno più avanti. Facendo un ricorso storico, tale ritardo può arrivare anche fino a due anni. Intanto, però, l'inflazione si sta dirigendo verso l'obiettivo di lungo periodo della Banca centrale americana del 2% e l'economia a stelle e strisce risulta molto resiliente.
USA: per Goldman Sachs recessione più lontana
Tra gli economisti che sono meno convinti circa l'arrivo di una recessione vi sono anche quelli di Goldman Sachs. La banca americana ha rivisto al ribasso le probabilità di una flessione negli Stati Uniti nei prossimi 12 mesi. Ora Goldman pensa che ci sarà una probabilità del 20% e non più del 25% che ciò si verifichi.
"La ragione principale del nostro taglio è che i dati recenti hanno rafforzato la nostra fiducia che portare l'inflazione a un livello accettabile non richiederà una recessione", ha affermato Jan Hatzius, capo economista della banca d'investimento. In particolare, l'esperto cita alcuni dati macroeconomici come la crescita del PIL, il rimbalzo della fiducia dei consumatori e i livelli di disoccupazione scesi a giugno dal 3,7% al 3,6%.
Per i prossimi trimestri Goldman Sachs prevede che la crescita del reddito personale disponibile reale rallenti, seppur "l'allentamento delle condizioni finanziarie, il rimbalzo del mercato immobiliare e il boom in corso nella costruzione di fabbriche suggeriscono che l'economia statunitense continuerà a crescere".
E ora la Fed
La prossima settimana salirà in cattedra la Fed, con la riunione del 25-26 luglio. L'appuntamento sarà seguito con grande attenzione dagli osservatori di mercato, che drizzeranno le antenne su quanto il governatore
Jerome Powell dirà in tema di rialzi futuri dei tassi d'interesse.
Dopo la pausa di giugno, la Banca centrale dovrebbe riprendere ad alzare il costo del denaro di un quarto di punto, come aveva indicato lo stesso Powell alcune settimane fa. La stretta però potrebbe essere l'ultima, poiché l'inflazione normale e quella "core" - depurata dalle componenti volatili come cibo ed energia - si sono raffreddate.
Ciò che verrà stabilito potrà essere decisivo in prospettiva, proprio come impatto sull'economia. Più precisamente, quanto sarà aggressiva la Fed da ora in avanti potrebbe accelerare o meno il sopraggiungere di una recessione. Hatzius si aspetta che in questo meeting la Fed aumenterà di 25 punti base. Aumento che "potrebbe segnare la fine del ciclo".