Inflazione USA scende più delle stime: cosa farà la Fed? | Investire.biz

Inflazione USA scende più delle stime: cosa farà la Fed?

12 lug 2023 - 17:08

13 lug 2023 - 08:55

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Nel mese di giugno l’inflazione USA ha fatto registrare l’incremento minore dal marzo 2021. La decisione potrebbe spingere la Federal Reserve a rivedere la sua strategia

Contrazione maggiore delle stime per il tasso di inflazione USA: il Bureau of Labor Statistics ha annunciato che nel mese di giugno l’indice dei prezzi al consumo ha evidenziato un incremento mensile dello 0,2% ed un aumento annuo del 3%. Entrambi i dati sono risultati inferiori alle stime degli operatori, orientate per un +0,3 e per un +3,1%. 

Il dato annuo, che rappresenta il livello minore dal marzo 2021, testimonia che la dinamica inflattiva, che aveva già evidenziato segnali di normalizzazione per quanto riguarda i dati relativi le grandi città, sta inesorabilmente tornando sotto il controllo delle autorità monetarie (a giugno 2022 l’inflazione si attestava al 9,1%). 

Buone nuove sono arrivate anche dall’indice “core”, quello calcolato al netto delle componenti più volatili che, stimato come l’headline al +0,3%, ha messo in mostra un +0,2% mensile. Contrazione maggiore delle stime anche per il dato annuo che, previsto in riduzione dal 5,3 al 5%, il mese scorso ha segnato un +4,8%. Quest’ultimo dato, che rappresenta il livello minore dal dicembre 2021, scende al 4% al netto anche della componente affitti (c.d. indice “supercore”).

“Il 70% del rialzo mensile è ancora attribuibile alla componente affitti che sta lentamente provando ad assestarsi, come dimostra il grafico del dato a/a”, ha evidenziato Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte. Ma vediamo cosa potrebbe accadere nella prossima riunione della Fed dopo il dato sull’andamento dell’inflazione USA di giugno. 

 

 

Inflazione USA: cosa farà ora la Federal Reserve?

“Il rallentamento -ha commentato Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia - è costante dai valori di giugno 2022 quando l’inflazione si attestava attorno al 9% fino al 3% di giugno 2023”. La principale ragione, continua Diodovich, è la caduta dei prezzi degli energetici e dei servizi al comparto energetico.

Nonostante il dato faccia il paio con le indicazioni deludenti arrivate venerdì scorso dal mercato del lavoro, è altamente improbabile che finirà per influenzare la decisione che sarà presa dalla Federal nel corso del meeting in calendario a fine mese (Riunioni Fed: calendario delle date dei meeting del FOMC 2023). 

“Crediamo che per il meeting del 26 luglio del FOMC lo scenario base sia ancora quello di un rialzo dei tassi di interesse di 25 punti base dal 5%-5,25% al 5,25%-5,50%. Singoli dati non possono cambiare una decisione presa dopo alcuni mesi di riflessione sull’andamento dell’economia reale”. 

Indicazioni simili arrivano anche dal CME FedWatch Tool che assegna ad un nuovo rialzo da 25 punti base una probabilità di quasi il 95%

 

 

Cosa farà la Fed dopo l’estate?

“Il dato di oggi non dovrebbe mettere in discussione il rialzo di 25pb a luglio, mentre restano perplessità sulla necessità di un'ulteriore rialzo a settembre”, evidenzia Cesarano. Per l’esperto i dati confermano la possibilità “che i tassi di mercato possano aver raggiunto il picco”. 

In linea la view di Diodovich, secondo cui “queste cifre possono suggerire che il probabile rialzo del costo del denaro del 26 luglio possa essere l’ultimo dell’attuale ciclo”.

 

 

Inflazione USA: le reazioni dei mercati

L’aggiornamento sull’andamento dell’inflazione USA ha impresso una spinta rialzista ai listini europei (l’Euro Stoxx 50 sale dell’1,8%, il FTSE Mib guadagna l’1,7%) e permesso a quelli statunitensi di iniziare in solido territorio positivo (+1,02% dello S&P500, +1,32% del Nasdaq). 

Una Fed meno aggressiva sta penalizzando il dollaro (il dollar index scende di un punto percentuale, l’Euro/Dollaro sale a 1,11 ed il Dollaro/Yen scende a 138,5) e scatenando gli acquisti sui Treasuries, con un focus particolare sul breve periodo (il rendimento del titolo a due anni è passato dal 4,88 all’attuale 4,73%). 

 

 

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