Gli investitori retail si stanno indirizzando verso i mercati privati. Lo rivela un'indagine di State Street Corporation, che ha pubblicato uno studio intitolato "The New Private Markets Advantage". La ricerca è stata realizzata su 500 investitori istituzionali tra asset manager tradizionali, operatori dei mercati privati e detentori di attività finanziarie in tutti i continenti. Il 56% degli interpellati nel sondaggio ha affermato che prevede nell'arco di massimo due anni almeno il 50% dei flussi retail verso i mercati privati.
Si tratta quindi di una vera rivoluzione retail dettata principalmente dall'innovazione di prodotto, a giudizio degli intervistati. C'è da considerare che nel contempo si registra un calo delle aspettative di raccolta da parte degli investitori istituzionali. Solo il 39% nel sondaggio prevede che i flussi principali nei mercati privati deriveranno dai professionisti del settore finanziario, a fronte di una quota del 51% dello scorso anno.
"La democratizzazione dei mercati privati è in atto da anni", ha affermato Donna Milrod, Chief product officer e responsabile delle soluzioni digitali di State Street. "Ma il 2025 potrebbe segnare un punto di svolta per le allocazioni retail". In uno scenario di questo tipo, "è incoraggiante vedere come l'innovazione nei prodotti e nelle strutture dei fondi stia giocando un ruolo cruciale", ha aggiunto.
Mercati privati: quale futuro aspettarsi?
Negli ultimi anni, molti investitori si sono tuffati nei mercati privati in caccia di rendimenti allettanti, in particolare nei periodi in cui i tassi di interesse erano bassi. Secondo lo studio di State Street, un elemento di attrazione potrebbe essere oggi l'incertezza geopolitica derivante dalle relazioni commerciali internazionali.
Questa genera maggiore volatilità nei mercati pubblici e finirebbe per premiare i rendimenti più stabili dei mercati privati. Tale caratteristica è stata indicata dal 22% degli intervistati del sondaggio come il principale motivo per aumentare le allocazioni del private equity, dal 26% per aumentarle nelle infrastrutture e il 42% per farlo nel credito privato.
State Street rileva inoltre che gli investimenti nei mercati privati in aziende con una minore esposizione negli Stati Uniti potrebbero trarne vantaggio, in quanto, a causa delle tensioni commerciali tra gli Usa e gli altri Paesi, potrebbero intensificarsi gli scambi tra le aziende non statunitensi.
Ci sono però dei rischi derivanti dalle turbolenze economiche. In primo luogo, lo sviluppo di nuovi prodotti potrebbero incontrare ostacoli in quanto la loro crescita verrebbe messa in secondo piano da altre sfide economiche a cui i policy makers darebbero la priorità.
In secondo luogo, i governi potrebbero considerare i flussi retail come mezzo di finanziamento per alcune priorità come la difesa, in un contesto in cui le condizioni economiche sono restrittive e la politica fiscale è più rigida.
In tutto ciò potrebbe assumere un ruolo chiave l'intelligenza artificiale, secondo lo studio di State Street. Il dilagare della nuova tecnologia porta le istituzioni a riconoscere il suo valore nell'ambito del miglioramento delle operazioni nei mercati privati. Oggi l'83% degli intervistati riconosce l'utilità dell'AI (Artificial Intelligence), a fronte di solo il 58% dello scorso anno.
Questo implica, come rileva il 69% del campione, che ci sarà un incremento degli investimenti nella tecnologia. "I risultati di quest'anno mostrano che le istituzioni stanno passando dall'ipotesi all'implementazione concreta di soluzioni basate sull'intelligenza artificiale nelle loro operazioni nei mercati privati, e chi sarà in prima linea in questa innovazione otterrà un vantaggio competitivo significativo", ha affermato Chris Rowland, responsabile Custody, Digital e Fund Services Product.