I dati sull'inflazione statunitense relativi al mese di luglio hanno ridato fiducia agli investitori che la
Federal Reserve non sarà particolarmente aggressiva nelle prossime riunioni.
L'indice dei prezzi al consumo è salito al 3,2% su base annuale rispetto al 3% di giugno, ma meno in confronto al 3,3% che si aspettavano gli analisti. Mentre su base mensile l'IPC è rimasto costante segnando un incremento dello 0,2%, perfettamente in linea con il consensus.
Anche l'inflazione core - ossia escludendo la componente volatile di cibo ed energia - ha dato segnali positivi, con un incremento annuo del 4,7%, al di sotto del 4,8% atteso e del mese precedente. A tutto ciò si è aggiunto anche il dato sulla richiesta dei sussidi di disoccupazione, aumentati a 248 mila unità, al di sopra delle 230 mila unità previste.
Questa raccolta di informazioni dicono che l'inflazione si è raffreddata e il mercato del lavoro finalmente comincia a fornire tracce di rallentamento. Condizioni entrambi necessarie affinché la Fed ponga fine definitivamente alla sua politica monetaria restrittiva.
Il mercato ora sta scontando che nel meeting di settembre la Banca centrale americana alzi ancora di 25 punti base il costo del denaro, portando i Fed Funds rates al 5,75%. Poi è probabile che, se non dovessero arrivare segnali allarmanti sul fronte inflazionistico, l'autorità monetaria termini il ciclo delle strette.
A quel punto il mercato volgerà lo sguardo a
quando la Fed attuerà il primo taglio dei tassi. Secondo il FedWatch Tool - strumento utilizzato dal CME Group per prevedere il movimento dei tassi utilizzando i dati dei prezzi dei futures sui Fed Funds a 30 giorni - l'istituto guidato da
Jerome Powell dovrebbe iniziare a tagliare nel 2024.
Fed: i tassi d'interesse rimarranno vicini al 5%
Se gli investitori stanno scalpitando perché la Banca centrale a stelle e strisce inverta la sua politica restrittiva, l'economista britannico Jim O'Neill avverte che i tassi dovranno rimanere intorno al 5% nelle principali economie, anche se l'inflazione svanisce. "Non capisco bene l'idea che i tassi debbano automaticamente ricominciare a scendere. Dovremmo mantenere i tassi intorno all'area del 5% nella maggior parte del mondo sviluppato, perché dovrebbero avere una sorta di relazione positiva con il livello di inflazione se vogliamo che questa sia permanentemente stabile", ha affermato l'ex-presidente di Goldman Sachs.
A suo avviso, comunque, la tendenza all'inflazione sta migliorando, ma sarà l'Europa piuttosto che gli Stati Uniti a ricevere buone notizie su questo fronte, anche perché in USA il rallentamento del carovita è in atto da più tempo.
O'Neill ha dichiarato anche che gli Stati Uniti si trovano "in una posizione decente per evitare una recessione", con aspettative di inflazione rimaste stabili. "Dato che alcune delle forze che la Fed ha combattuto stanno iniziando a svanire, penso sia ragionevole che certamente questo stato d'animo e questa risposta dei mercati forse continueranno ancora per un po'", ha detto facendo riferimento al sentiment positivo degli investitori quest'anno in relazione alle aspettative sulla politica monetaria della Federal Reserve.