- Continua la diffusione del coronavirus: casi anche in Giappone e Arabia Saudita
- Si moltiplicano le aziende che sospendono le attività in Cina
- Gli investitori si interrogano su durata ed entità delle conseguenze
Con il diffondersi del coronavirus (casi anche in Giappone e Arabia Saudita) si stanno notando i primi impatti concreti sull’economia cinese.
Si fermano molte aziende in Cina
I primi sono stati i rappresentanti della British Airways che hanno deciso di cancellare tutti i voli per la Cina. Immediatamente dopo è stata la volta di Toyota che ha chiuso gli impianti fino al 9 febbraio come misura anti-contagio, riservandosi peraltro un prolungamento dello stop, eventualmente, anche oltre. Quindi è arrivata Starbucks che si è invece limitata alla chiusura temporanea della metà dei propri punti vendita, immediatamente dopo quanto fatto da McDonald's. Di queste ore la notizia secondo cui anche l’Ikea sarebbe orientata verso misure simili.
L'accordo "step-one"
I primi segni concreti su un’economia che era riuscita a strappare la firma di un accordo sui dazi non più tardi di un mese e mezzo fa. Un accordo che a suo tempo risultò particolarmente favorevole a Pechino visti i termini piuttosto vaghi dello step one sulle contromisure da adottare in caso di mancato rispetto dei termini. Al centro della questione, oltre al furto di proprietà intellettuale e di brevetti, anche la concorrenza sleale creatasi con i sussidi statali. Allo stesso tempo, però, l’accordo stretto non cancellava i dazi già imposti alle merci cinesi, limitandosi ad evitare gli aumenti previsti sulle tariffe commerci.
L'imprevisto del coronavirus
L’irruzione immediata e imprevista del coronavirus aveva fatto pensare che, data l’escalation della situazione e la cooperazione tra le nazioni sul fronte sanitario, Washington decidesse di cancellare i dazi sulle merci cinesi per aiutare l’economia in sofferenza del gigante asiatico. Un’ipotesi che il direttore delle politiche commerciali e manifatturiere della Casa Bianca, nonché assistente del presidente Trump, Peter Navarro ha respinto proprio ieri. Resta dunque in piedi la condizione necessaria affinché i dazi vengano tolti e cioè la firma del secondo accordo commerciale tra le due superpotenze.
Le paure della Fed
Ma il coronavirus spaventa anche la Fed. Ieri, infatti, nella prima conferenza stampa del 2020, il governatore della banca centrale Usa ha evidenziato i possibili rischi a livello mondiale. Ma a Wall Street, in piena stagione delle trimestrali, ci si interroga sulle conseguenze (entità e durata) di un fenomeno che, a questo punto, potrebbe intaccare anche le ottime performance delle società Usa.