Donald Trump ha lanciato un'altra bordata sui mercati finanziari annunciando l'applicazione di
dazi del 25% su tutte le auto importate negli Stati Uniti. Di riflesso, le azioni delle case automobilistiche mondiali pagano pegno: da General Motors a Ford a Wall Street, da Mazda a Mitsubishi alla Borsa di Tokyo, da Volkswagen a Stellantis in Europa, tutte hanno subito sonore perdite dopo l'uscita di Trump.
Le nuove tariffe entreranno in vigore il 2 aprile, data in cui scatteranno anche i dazi reciproci tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi con cui hanno rapporti commerciali. "Questo è il primo giorno della liberazione in America", ha detto l'inquilino della Casa Bianca dallo Studio Ovale. "Se costruisci la tua auto negli Stati Uniti non ci saranno tariffe". Il tycoon non ha lasciato spazio nemmeno alla possibilità di trattative per far rimuovere i dazi. "È una misura permanente, al 100%", ha riposto a un giornalista che aveva posto la domanda sull'argomento.
Le tariffe si applicheranno non solo alle importazioni di auto, ma anche alle importazioni delle parti dei veicoli per costruirle. Daniel Roesha, analista di Bernstein, ha affermato che quasi la metà delle auto vendute in USA sono di importazione e contengono quasi il 60% delle parti per assemblarle di provenienza estera.
Per giustificare le tariffe, la Casa Bianca ha fatto riferimento a una legge del 1962, secondo cui l'industria automobilistica era vitale per la sicurezza nazionale. Il settore, "è stato minato da importazioni eccessive che minacciano la base industriale nazionale e le catene di approvvigionamento dell'America", ha detto il governo.
Dazi USA sulle auto: vincitori e perdenti
I dazi statunitensi sulle auto danneggeranno l'industria automobilistica mondiale, ma alcuni Paesi saranno colpiti più di altri. Secondo i dati dell'Ufficio del censimento degli Stati Uniti riferiti al 2024, la nazione più esposta è il Messico, con 99 miliardi di dollari di auto esportate in USA e 83 miliardi di dollari di componenti. Segue l'Unione europea con 46 miliardi di dollari relativi alle auto e 21 miliardi di dollari alle parti per assemblarle. Al terzo posto il Canada con 37 e 19 miliardi ed al quarto troviamo il Giappone, con 41 e 15 miliardi.
Riguardo le case automobilistiche, sarà un bagno di sangue, vista la quantità importante di veicoli esportati negli USA. Volkswagen è tra i maggiori perdenti dai dazi trumpiani, in quanto l'80% dei suoi veicoli che vende nel territorio americano vengono esportati. La quota è molto alta anche per le altre due big tedesche: Mercedes Benz (65%) e BMW (52%).
Per Hyundai e Kia, entrambe con una quota del 65%, sarà un'altra batosta. Secondo Hyuk Jin Yoon, analista con sede a Seoul presso SK Securities Co., le società coreane potrebbero dover pagare fino a 10 trilioni di won (7 miliardi di dollari) ogni anno, ovvero quasi il 40% dell'utile operativo totale del 2024.
Il colosso giapponese Toyota è un altro grande perdente, con poco oltre la metà delle auto vendute negli Stati Uniti che sono di esportazione. Una catastrofe anche per le case automobilistiche di Detroit.
General Motors (46%) importa alcuni pick-up Chevrolet Silverado dagli stabilimenti in Messico e Canada, il SUV compatto Chevy Trax entry-level dalla Corea del Sud e la sua auto familiare, il SUV crossover Chevrolet Equinox. Stellantis (45%) produce i SUV Jeep Compass e Wagoneer S in Messico. L'azienda importa i suoi minivan Chrysler Pacifica dal Canada e le compatte Dodge Hornet e Fiat 500 dall'Italia. Ford è quella delle tre che sente meno il colpo, esportando solo il 21% dei veicoli negli Stati Uniti dagli stabilimenti esteri. L'azienda costruisce il suo piccolo pick-up entry-level Maverick in Messico, nonché il SUV compatto Bronco Sport e il veicolo elettrico Mustang Mach-E.
In questo marasma generale, però
c'è anche un vincitore: Tesla. Il leader delle auto elettriche è la meno esposta grazie alle sue operazioni di produzione nazionale. Questa settimana l'azienda ha ribadito il concetto in un post su X, nel quale ha sottolineato come i suoi modelli siano per lo più prodotti in America. Tuttavia, l'Amministratore delegato
Elon Musk ha affermato che Tesla non ne uscirà del tutto indenne. "Le tariffe avranno un impatto significativo sull'azienda", ha scritto ieri su X.