Il rilascio dei dati sull'occupazione americana di venerdì 2 agosto 2024 ha scatenato un putiferio nelle
Borse di tutto il mondo, gettando gli investitori nel panico assoluto. Il mercato ha iniziato a vedere lo spettro di una recessione dell'economia USA e ha accusato la
Federal Reserve come responsabile di tutto questo per aver tenuto i tassi di interesse alti troppo a lungo. Lunedì 5 agosto si è verificato un autentico crollo nei mercati azionari riportando alla memoria vecchi fantasmi del passato. Alcuni hanno paragonato quanto stava accadendo con il
collasso delle Borse del 19 ottobre 1987, in quello che passò alla storia come il Black Monday. Tuttavia, ci sono molti altri aspetti da considerare, che svisceriamo in 5 domande e risposte prendendo spunto dalle analisi degli esperti di mercato.
Cosa ha causato il crollo delle Borse?
Non sono stati solo i dati sull'occupazione USA che hanno fomentato lo spettro della recessione a mandare al tappeto i listini azionari. Hanno contribuito almeno altri tre fattori.
Uno è la liquidazione delle posizioni del carry trade in yen. In sostanza, un fiume di denaro negli anni è stato utilizzato per fare delle operazioni attraverso cui i trader si finanziavano in yen pagando un tasso di interesse estremamente basso o nullo per acquistare asset più redditizi come il dollaro USA e le azioni. Quando la Bank of Japan ha alzato i tassi di interesse di un quarto di punto nella riunione di fine luglio, gli operatori si sono attivati per liquidare le azioni e rimborsare i prestiti nella valuta giapponese.
Un secondo fattore sono i dubbi avanzati sull'intelligenza artificiale, dopo le deludenti trimestrali di Alphabet e Microsoft che hanno riportato uno scarso impatto della nuova tecnologia sui ricavi e utili delle Big Tech.
Infine, hanno inciso - anche se forse in misura minore - le tensioni geopolitiche in Medio Oriente, con l'Iran che si preparava a un attacco a Israele dopo l'uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, in territorio iraniano avvenuto il 31 luglio.
Quanto è stato profondo il crollo delle Borse?
Il lunedì 5 agosto è stato uno shock per i mercati di tutto il mondo. A Wall Street, l'indice S&P 500 è crollato del 3%, mentre il Nasdaq è affondato del 3,43%. L'epicentro della crisi è stato però il Giappone, con il Nikkei 225 che è sprofondato di 12,40 punti percentuali alla fine della seduta. Ci sono tre motivi per cui gli investitori si sono accaniti particolarmente con la Borsa di Tokyo.
In primis, il messaggio da falco della BoJ nel meeting di fine luglio che ha accompagnato la stretta sui tassi ha innescato l'implosione del carry trade.
In secondo luogo i dati sull'occupazione USA e i timori recessivi hanno avuto un impatto sul mercato azionario nipponico, solitamente molto sensibile ai cicli economici globali per via dell'economia basata molto sull'export. Tra l'altro, nei mercati finanziari giapponesi c'è molta presenza di investitori stranieri, pronti a vendere le azioni quando aumentano le preoccupazioni per l'economia globale.
In terzo luogo, molti investitori giapponesi al dettaglio avevano acquistato azioni in leva e quindi il sell-off generale ha innescato un'ondata di richieste di margine costringendoli a chiudere le loro posizioni.
Qual è la differenza con il Black Monday del 1987?
Molti hanno paragonato il disastro di inizio agosto con l'ecatombe delle azioni (-22%) in quel 19 ottobre 1987. In realtà, la natura delle operazioni alla base del crollo è molto diversa. A differenza di allora, il rally di oggi è stato caratterizzato da una certa concentrazione, tipo gli acquisti sulle Big Tech e sulle azioni giapponesi, o lo short sullo yen. Una volta che su questi segmenti si iniziano a perdere soldi e si va nel panico, si viene a creare una sorta di effetto valanga.
In più si deve considerare che oggi si opera con algoritmi di trading, strategie sistematiche e strumenti derivati come le opzioni che allora non si utilizzavano o li si adoperava in maniera molto più contenuta. Infine, c'è da tener presente che il crollo di quest'anno è avvenuto nel mese di agosto, quando la liquidità è molto minore rispetto al resto dell'anno e quindi la volatilità tende a essere maggiore. Nel 1987 il fatto avvenne nel mese di ottobre, quando il mercato è molto più liquido.
Cosa hanno comprato e venduto gli investitori durante il crollo?
Quando ci sono tensioni sui mercati finanziari che si intrecciano con quelle a livello economico e geopolitico, gli investitori cercano riparo presso i beni considerati rifugio. E lo hanno fatto anche stavolta. Quindi il franco svizzero, i titoli di Stato USA e lo yen sono stati gli asset più comprati.
L'oro invece è stato venduto, il che potrebbe sembrare anomalo essendo il metallo prezioso il bene rifugio per eccellenza. Il motivo per cui i trader si sono disfatti della materia prima, secondo gli analisti, è che le quotazioni avevano raggiunto livelli molto alti macinando record su record e in quel momento c'era bisogno di monetizzare per coprire le posizioni in perdita. In altri termini, gli investitori hanno finito per vendere tutto quello che era possibile vendere per recuperare liquidità.
Anche il dollaro USA solitamente viene favorito nelle situazioni tumultuose dei mercati, ma stavolta ha pagato il fatto di essere dalla parte long del carry trade con lo yen mentre le posizioni venivano liquidate. Sono state vendute invece le materie prime sensibili al rischio come il petrolio e le valute collegate tipo il dollaro australiano e la corona norvegese.
Cosa ha arrestato il sell-off?
Dopo il lunedì nero, le vendite si sono arrestate e il nervosismo dei mercati si è placato. In particolare sono due i fattori che hanno rasserenato gli animi. Il primo è stata la dichiarazione del vicepresidente della BoJ, Shinichi Uchida, che la Banca centrale non aumenterà i tassi di interesse quando i mercati sono instabili. Il secondo fa riferimento ai dati sui sussidi settimanali di disoccupazione di giovedì 8 agosto che hanno riportato richieste inferiori alle attese. Questi risultati hanno scacciato l'incubo che l'economia USA stesse andando in recessione. Almeno per il momento.