La bolla delle dot-com sarà ricordata sempre come la madre di tutte le bolle. Mai come alla fine degli anni '90 ci fu un'euforia così sconsiderata a Wall Street per una nuova tendenza di mercato. Le dot-com erano le aziende del settore Internet che, dove un breve periodo da startup, in breve tempo finivano per quotarsi in Borsa.
La follia degli investitori era una forza trainante per le azioni in Borsa, dal momento che essi compravano tutto ciò che fosse inerente alla nuova tecnologia. Il problema era che molte di quelle aziende emergenti non erano profittevoli, nate da un'idea il più delle volte approssimativa. Ad agevolarne l'ascesa in Borsa c'era una schiera di promotori, tra cui broker e banche d'affari interessati principalmente alle commissioni derivanti dal collocamento e dalle transazioni dei trader.
La febbre era talmente alta che i media della finanza pompavano a dismisura le azioni delle dot-com presentandole come opportunità irripetibili. In poco tempo, molti titoli avevano moltiplicato il loro valore di IPO sconnettendosi completamente dai fondamentali.
Tutte le bolle però sono destinate a scoppiare. Così,
nel marzo del 2000 arrivò la catastrofe. Dopo che la
Federal Reserve iniziò ad alzare i tassi di interesse, una serie di rapporti trimestrali deludenti riportò gli operatori alla realtà e l'effetto a catena delle vendite fu disastroso. In un attimo gli investitori dovettero fare i conti con la polverizzazione dei loro guadagni e con
titoli che persero quasi completamente il loro valore di mercato.
Il Nasdaq Composite - indice a prevalente componente tecnologica - precipitò a tal punto da impiegare poi un paio di decenni per recuperare le perdite subite. Quella delle dot-com è stata la bolla che infranse il sogno della New Economy. Alcune aziende riuscirono a ripartire dalle macerie e qualcuno diventò negli anni tra le più grandi megacap del mondo. Molte invece sparirono per sempre.
Bolla dot-com: cosa successe a Priceline.com
Tra le storie più drammatiche, ma con un risvolto positivo, va ricordata quella di Priceline.com. Fondata nel 1997, l'azienda americana si proponeva di offrire un servizio online per trovare tariffe di viaggio scontate e soggiorni in hotel. In pratica, il business era quello di facilitare l'incontro tra l'offerta dei fornitori e la domanda dei clienti.
L'idea del fondatore Jay Walker era di presentare una soluzione intelligente a un problema reale, ovvero che ogni giorno in media restavano invenduti circa 500 mila posti aerei. Quindi Priceline offriva i posti liberi ai clienti online, i quali indicavano il prezzo che erano disposti a pagare. La formula rappresentava un modello "win-win", perché le compagnie aeree riuscivano a vendere l'invenduto e i consumatori ottenevano opportunità a prezzi scontati.
Il canale Internet si rivelava più che mai un mezzo molto potente. Alla fine del 1999, l'azienda riusciva a piazzare oltre 1.000 biglietti al giorno e nel frattempo cercava di estendere il servizio alle prenotazioni alberghiere, al noleggio auto, ai mutui per la casa e in ogni mercato in cui la soluzione poteva essere applicata. Per fare questo, l'azienda investì molto nella pubblicità riuscendo a conquistare i primi posti nella visibilità del marchio attraverso Internet. Verso la fine del 1998, Priceline risultava dietro solo ad aziende già conosciute come AOL, Yahoo, Netscape e Amazon.
Nel marzo 1999 finalmente arrivò la quotazione a Wall Street, a un prezzo IPO di 16 dollari per azione. Il successo già il primo giorno di quotazione fu spaventoso, con il titolo che balzò a 88 dollari, prima di stabilizzarsi a 69 dollari, per una capitalizzazione di mercato di quasi 10 miliardi di dollari. Fino ad allora, mai nessuna società Internet aveva ricevuto una valutazione così alta.
Il problema di fondo era che l'azienda si trovava in perdita. In termini pratici, doveva acquistare sul mercato a un prezzo più alto rispetto alle offerte dei clienti, rimettendoci in media circa 30 dollari su ogni biglietto venduto. Il risultato fu che l'azienda accumulò perdite per centinaia di milioni di dollari, prima che lo scoppio della bolla la travolse. Le azioni a Wall Street avevano raggiunto un massimo nei primi mesi del 2000 a 165 dollari; nel biennio successivo crollarono a un minimo di 1,80 dollari, registrando un passivo del 99,4%.
La storia però è a lieto fine, perché il modello di business con il tempo si è rivelato vincente. Alcuni passaggi valgono la pena di essere citati. Nel 2005 Priceline.com acquisì il sito di viaggi europeo Booking.com per 133 milioni di dollari e nove anni più tardi il nome dell'azienda cambiò la denominazione in The Priceline Group.
Con l'89% del fatturato realizzato al di fuori degli Stati Uniti, la maggior parte attraverso Booking.com, il gruppo mutò ancora nome e nel 2018 diventò Booking Holdings. Il titolo in Borsa ondeggiò intorno a valori bassi per un po' di anni, prima di intraprendere un rally straordinario a seguito della grande crisi del 2008. Oggi le azioni sotto il nome di Booking Holdings valgono 5.333 dollari ciascuna, per una capitalizzazione della società di 173,53 miliardi di dollari (aggiornamento al 23 maggio 2025).