Verso la fine degli anni '90 a Wall Street si è manifestata quella che viene considerata la bolla più gigantesca mai creatasi sui mercati finanziari, la bolla delle dot-com. Le dot-com erano società del settore Internet, che in quel periodo stava rivoluzionando la tecnologia mondiale. La febbre era talmente elevata sul mercato che un numero spropositato di società che avevano deciso di quotarsi si trasformarono in oggetto del desiderio di una quantità esagerata di investitori.
Mentre il Nasdaq - la Borsa americana a grande componente tecnologica - si affollava, gli investitori trovarono il modo più facile e rapido per fare guadagni. Molte start-up alle prime armi, che non producevano reddito, si affacciavano nel mercato trovando una domanda incredibile per le loro azioni, le quali salirono rapidamente a livelli eccezionali.
Warren Buffett diceva che per ogni bolla c'è sempre uno spillo che la attende al varco. Nemmeno stavolta quello che successe smentì la massima del leggendario investitore di Omaha. Nel marzo del 2000, una serie di rapporti trimestrali deludenti riportò tutti alla realtà.
Il processo di vendita delle azioni fu talmente rapido e dirompente che il Nasdaq precipitò al punto che molte società grandi e piccole persero quasi interamente il loro valore. Negli anni alcune riuscirono a riprendersi e anzi a diventare tra le più grandi megacap del mondo (vedi Amazon); la gran parte sparì dalla scena o fu confinata a un ruolo marginale. L'indice dei titoli tecnologici comunque impiegò un paio di decenni per recuperare il valore da quella catastrofe.
Bolla dot-com: cosa accadde a Palm
Furono molte le storie di società partite con grandi speranze che si sciolsero. In quella bolla delle dot-com, una storia che vale la pena di raccontare è quella di Palm, il produttore dei più diffusi assistenti personali digitali di quel periodo.
All'epoca, Palm era controllata da un'azienda di nome 3Com, la quale aveva deciso di scorporare Palm per darle maggiore valore. All'inizio del 2000, 3Com piazzò sul mercato il 5% delle sue quote di Palm attraverso un'offerta pubblica iniziale. Per quanto riguardava le restanti quote, annunciò l'intenzione di cederle ai propri azionisti.
L'effetto sul mercato fu talmente forte che in poco tempo la capitalizzazione di Palm diventò il doppio di quella di 3Com. In pratica, il valore sul mercato del 95% delle azioni ancora in mano a 3Com era due volte la capitalizzazione della stessa 3Com. Quella differenza corrispondeva a 25 miliardi di dollari. Quindi, era come se tutti gli asset di 3Com avessero un valore negativo di 25 miliardi di dollari. Si trattava di un'anomalia talmente assurda che solo la follia della New Economy di quell'era riuscì a partorire.
Come andò a finire? Nel suo primo giorno di quotazione Palm raggiunse un massimo storico di 95,06 dollari per azione; nel giugno del 2001, poco più di un anno dall'IPO avvenuta il 1°marzo 2000, il titolo affondò a 6,50 dollari, affermandosi come il titolo con la performance peggiore del Nasdaq.
Negli anni successivi, il produttore californiano di PDA (Personal Digital Assistant) non si riprese più e anzi scivolò ancora fino a 4 dollari per azione nel 2010. Così, il 1° luglio dello stesso anno fu acquistato da Hewlett-Packard a 5,70 dollari per azione in un accordo da 1,2 miliardi di dollari.