In questo nuovo appuntamento di “Lupo’s Way”, come di consueto analizzo il quadro macro e grafico dei principali mercati finanziari. Negli ultimi giorni si è aperta davanti ai nostri occhi uno scenario di mercato che merita attenzione.
Stiamo attraversando un momento in cui i pilastri della finanza globale – come i Treasury americani, il dollaro, il debito sovrano e i flussi istituzionali – mostrano segni di cedimento. Nel vuoto lasciato da queste certezze, si fanno strada nuovi protagonisti: gli investitori retail. Ma vediamo più nel dettaglio cosa sta accadendo.
Il downgrade del debito USA
Lunedì scorso, Moody’s ha ufficializzato il downgrade del debito sovrano degli Stati Uniti, rimuovendo l’ultima tripla A rimasta tra le tre grandi agenzie di rating. Secondo Bloomberg Intelligence, non si tratta solo di un gesto simbolico, bensì di una vera frattura nella narrazione dell’eccezionalismo americano.
Questo evento era nell’aria da mesi: il deterioramento fiscale, le politiche espansive prive di coperture e l’incertezza geopolitica stavano già tracciando la strada. Bloomberg sottolinea che questo declassamento rappresenta solo la ciliegina su una torta già amara.
All’interno dei mercati si percepisce chiaramente un senso di nervosismo. Il momentum degli utili dello Standard & Poor’s 500 è sceso ai minimi dal 2010, nonostante risultati trimestrali nel complesso positivi. In Europa e in Cina si osservano continue revisioni al ribasso degli utili delle grandi imprese. Alcuni giganti come Delta, Mercedes e JD Sports hanno addirittura cancellato le previsioni annuali, segnalando una crescente mancanza di visibilità dovuta ai nuovi dazi.
Secondo Scott Lardner di Horizon Investments, questa earning season non riguarda tanto i numeri, quanto la narrativa. E la narrativa che emerge è chiara: le aziende sono disorientate, i dazi non sono più una misura temporanea ma si stanno trasformando in un elemento strutturale dei modelli industriali.
Investitori retail sempre più predominanti
A questo scenario si aggiunge un elemento di forte interesse: la crescente forza degli investitori retail. Secondo Bloomberg e il Wall Street Journal, lunedì – entro le 12:30 – i retail avevano già acquistato oltre 4 miliardi di dollari in strumenti finanziari, di cui 2,6 miliardi in azioni e 1,5 miliardi in ETF, inclusi quelli a leva.
In sostanza, i trader individuali hanno coperto il 36% dei volumi totali della giornata, superando la soglia storica del 35%. I titoli più gettonati sono stati Tesla e Palantir, due aziende che presentano fondamentali complessi e utili attesi estremamente elevati, rispettivamente con rapporti prezzo/utili attesi pari a 166x e 204x.
Numeri che Warren Buffett, ironizzando, ha dichiarato che non comprerebbe neppure con una pistola puntata alla tempia. Eppure, secondo un’analisi di HSBC, tra i retail domina ancora la logica del “buy the dip”: il trauma di non aver investito durante il crollo del 2020 è ancora vivo, e ogni ribasso viene vissuto come un’occasione irripetibile.
In ambito professionale, invece, le opinioni sono molto più divise. Mike Wilson di Morgan Stanley consiglia di acquistare su ogni debolezza, ritenendo che la tregua commerciale con la Cina possa avere un effetto calmierante.
Dall’altro lato, però, Jamie Dimon – CEO di JPMorgan – ammonisce che siamo in piena compiacenza. A suo avviso, il mercato sta sottovalutando il rischio di stagflazione, l’ampliamento degli spread creditizi e i rischi geopolitici. I Treasury, secondo Dimon, non riflettono più il rischio reale, mentre i prezzi degli asset americani sono a livelli storicamente elevati.
Equity e Treasury: la correlazione negativa è venuta meno
In questo contesto, emerge una crepa profonda nel sistema. Il Treasury americano, bene rifugio per eccellenza, sembra aver perso la sua funzione di "shock absorber". Henry McVey di KKR sottolinea che la classica correlazione negativa tra Treasury e equity si è spezzata: i sell-off colpiscono simultaneamente azioni e obbligazioni.
Il deterioramento fiscale e l’inflazione persistente hanno rotto i meccanismi tradizionali. Nei momenti di paura, i Treasury non vengono più acquistati, ma venduti. A questa dinamica si aggiunge una pressione strutturale legata ai tagli fiscali dell’amministrazione Trump, che hanno peggiorato il fabbisogno di emissioni. Il risultato è evidente: il rendimento del trentennale americano ha superato il 5%, il massimo del 2023, mentre secondo Goldman Sachs e JPMorgan il decennale è atteso verso questa soglia entro fine anno.
Particolarmente rilevante è il cambiamento nel posizionamento istituzionale. Gli asset manager hanno chiuso 217.000 posizioni long, mentre gli hedge fund si muovono con maggiore cautela. Le opzioni indicano aspettative di ulteriori rialzi dei tassi entro dicembre 2025. Un sondaggio condotto da JPMorgan evidenzia che le posizioni corte sui Treasury hanno raggiunto i livelli più alti da febbraio.
Meno asset USA, più Europa e Asia
Perché tutto questo è importante? Perché ha conseguenze dirette sui mercati azionari e valutari. L’aumento dei rendimenti obbligazionari comporta una revisione al ribasso dei multipli azionari, in particolare per i titoli tecnologici. Il dollaro, ritenuto sopravvalutato del 15%, vede molti CEO già ridurre l’esposizione verso gli asset americani, orientandosi su alternative in Europa e Asia.
Il modello classico 60/40 – 60% azioni e 40% Treasury – non funziona più. Con Treasury e dollaro in difficoltà, stiamo assistendo a un cambiamento epocale nelle strategie d’investimento. Secondo Bloomberg, gli investitori retail sembrano oggi avere il controllo psicologico del mercato, sostenuti da narrazioni semplici ma potenti.
Tuttavia, sotto la superficie, i meccanismi profondi stanno cambiando. I fondi istituzionali sono sottopesati e inseguono i movimenti dei piccoli. Il debito americano è sotto pressione, il dollaro e i Treasury perdono la loro egemonia.
La vera domanda, oggi, non è se il mercato salirà, ma chi lo sta muovendo e perché. E se la risposta è che nessuno lo sa con certezza – come suggerisce Bloomberg – allora abbiamo davanti un bel problema.
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La panoramica sui principali mercati
Andiamo ora ad analizzare – come di consueto - la situazione tecnica e grafica dei principali mercati, partendo dallo S&P 500.
S&P 500
Il grafico dell’indice mostra chiaramente come l’S&P 500 abbia raggiunto una delle ultime resistenze significative, in linea con quanto osservato la scorsa settimana.
In un contesto di mercato ancora sostenuto, questa zona rappresentava un’area potenziale di ulteriore accelerazione verso i massimi storici, situati in area 5.900–5.910 punti. Attualmente, la distanza dai massimi storici è di circa il 3%, e i prezzi potrebbero attraversare una fase correttiva di breve periodo.
Come abbiamo evidenziato nell’ultima analisi, il forte gap rialzista ha spinto i prezzi rapidamente verso l’area di resistenza posta a 5.996 punti. Se dovessimo assistere a una fase di consolidamento con bassa volatilità sopra area 5.990 punti, il quadro tecnico potrebbe continuare a rafforzarsi, aprendo la strada a nuovi massimi storici con un’estensione potenziale oltre quota 6.200 punti.
I supporti principali per la settimana si collocano invece in area 5.706 punti. La chiusura del gap citato potrebbe rappresentare un segnale di debolezza e aprire la strada a una correzione più marcata.
Nasdaq 100
Passiamo ora al Nasdaq 100, che ha raggiunto con precisione la resistenza di cui avevamo parlato nella scorsa analisi, situata in area 21.400–21.425 punti. I prezzi si sono mossi esattamente su questo livello, che rappresenta una delle ultime resistenze significative per l’indice.
Da qui, se il movimento dovesse proseguire, potremmo assistere a un'estensione verso nuovi massimi storici e oltre, soprattutto considerando il forte interesse degli investitori retail nei confronti del settore tecnologico.
I supporti intermedi si collocano in area 20.000 e 20.606 punti, mentre il gap principale si trova intorno a quota 20.200 punti. In base alle attuali condizioni di mercato, questi livelli rappresentano i principali punti di attenzione al ribasso.
Un’eventuale rottura decisa di area 21.425 punti – anche in assenza di una volatilità eccessiva – potrebbe offrire ulteriore slancio all’indice. Tuttavia, se dovessero emergere nuove notizie negative, come suggerito anche da alcune fonti tra cui Bloomberg, non si può escludere una breve fase correttiva entro la fine del mese.
Dow Jones
Passiamo ora al Dow Jones, che continua a mostrare una struttura piuttosto laterale. Dalla scorsa settimana, i prezzi hanno raggiunto area 42.668 punti, una delle resistenze chiave individuabili anche osservando i livelli toccati alla fine di febbraio 2025.
Le condizioni di mercato lasciavano intravedere la possibilità di un ulteriore allungo, ma, come possiamo notare, i prezzi continuano a muoversi all'interno di un’area di consolidamento, riflettendo un’evidente fase di lateralità per l’indice. Il supporto principale resta in area 41.160 punti, mentre un ulteriore riferimento è il gap intorno a quota 41.500 punti.
Va anche ricordato che la questione legata ai dazi, secondo quanto riportato da HSBC, potrebbe continuare ad avere un impatto negativo sull’andamento di molti titoli del Dow, la cui performance è fortemente influenzata dal ciclo economico. In un contesto simile, non è affatto semplice ipotizzare con convinzione una ripresa marcata o nuovi rialzi nel breve termine.
DAX
Il DAX continua a mostrare una forza marcata e un andamento decisamente verticale. L’indice tedesco si è avvicinato all’area dei 24.000 punti, un livello che, alle attuali condizioni di mercato, potrebbe rappresentare una zona di potenziale resistenza da cui potrebbe originarsi un leggero ritracciamento.
Al momento, i prezzi si mantengono stabili da fine aprile, oscillando all’interno di un range compreso tra 23.156 e 23.962 punti. In questo contesto, potremmo assistere a una fase di consolidamento, ma il trend di fondo resta solidamente orientato al rialzo.
L’interesse crescente degli investitori verso i mercati europei, come accennato in precedenza, è legato a una rotazione settoriale significativa che, secondo JP Morgan, è iniziata già nel mese di gennaio.
FTSE Mib
L’indice italiano si conferma uno dei grandi protagonisti del momento, spingendosi su nuovi massimi annuali e avvicinandosi alla soglia dei 43.000 punti. Il FTSE Mib sta beneficiando di acquisti consistenti, e i prezzi, dopo aver superato con decisione la resistenza a inizio maggio, hanno proseguito al rialzo oltre i massimi di marzo, continuando ad accumulare forza e lasciando spazio a ulteriori potenziali estensioni verso area 41.000 punti.
Alla luce delle attuali condizioni di mercato, vale la pena monitorare il gap lasciato aperto con base in area 39.442 punti, che ora rappresenta un importante supporto tecnico. È bene ricordare che la chiusura di un gap, soprattutto in contesti di accelerazione come questo, può portare a correzioni più profonde.
Tuttavia, finché i prezzi si manterranno al di sopra di questo livello, è più probabile entrare in una fase di consolidamento piuttosto che assistere a un’inversione di tendenza, salvo l’arrivo di notizie improvvise o eventi di mercato in grado di aumentare significativamente la volatilità.
Hang Seng
Anche l’Hang Seng sta mostrando una forza notevole. I prezzi hanno mantenuto stabilmente l’area dei 22.492 punti e si osserva un ulteriore gap nei pressi dei 23.000 punti. La struttura di minimi crescenti evidenzia una fase rialzista lenta ma costante, caratterizzata da bassa volatilità e da correzioni contenute che vengono assorbite rapidamente.
Finché i prezzi resteranno sopra quota 23.000 punti, lo scenario rimarrà costruttivo e con buone probabilità di rivedere i massimi di marzo. In assenza di eventi imprevisti o segnali di debolezza, non ci sono al momento indicazioni di forti scossoni in arrivo sull’indice.
VIX
L’indice della volatilità, il VIX, continua a riflettere un atteggiamento di forte propensione al rischio da parte del mercato. Lo si nota chiaramente osservando il grafico a 4 ore, dove la discesa è apparsa decisa a partire da metà-fine aprile, con ulteriori accelerazioni registrate la scorsa settimana. I prezzi si sono ora assestati in un’area di relativa stabilità compresa tra i 19 e i 20 punti.
Una stabilizzazione sotto area 17–16 rappresenterebbe una condizione ideale per mantenere la fase di tranquillità. Al momento, piccoli rimbalzi non sono esclusi, ma finché il gap in area 23,70 non verrà chiuso, qualsiasi rialzo potrebbe essere facilmente riassorbito.
Il VIX, in sintesi, segnala un contesto di risk-on, con pressione ribassista ben evidente. Tuttavia, è importante tenere presente che un improvviso aumento della volatilità nelle prossime settimane potrebbe rappresentare un campanello d’allarme per possibili correzioni anche rilevanti sul mercato americano.
Dollaro USA ed EUR/USD
Passiamo al dollaro, che in questo contesto continua a perdere terreno. Come abbiamo spiegato in precedenza, la debolezza del Treasury e le conseguenti vendite massicce di molte azioni americane mantengono il dollaro sotto pressione.
Attualmente il supporto chiave si trova intorno a 99. Abbiamo visto una leggera correzione verso l’alto fino a circa 101, ma la rottura del livello di 99 potrebbe aprire la strada a ulteriori ribassi, con i prezzi che potrebbero scendere in un’area compresa tra 94 e 97.
È importante tenere presente che questo scenario potrebbe alimentare ulteriori pressioni al ribasso sul dollaro, favorendo così nuovi movimenti rialzisti per l’euro-dollaro. Quest’ultimo ha rispettato il supporto in area 1,1150, livello che abbiamo evidenziato la scorsa settimana e che ha tenuto bene per diversi giorni, permettendo ai prezzi di ripartire con forza.
In caso di rottura al ribasso del supporto annuale del Dollar Index, potremmo assistere a una rottura del livello di 1,15 sull’euro-dollaro, dando inizio a un nuovo trend rialzista. Il target teorico di questo movimento potrebbe arrivare fino ai massimi del 2021, attorno a 1,19. Perciò, per ora, il supporto chiave da monitorare rimane proprio intorno a 1,1150.
GBP/USD
Passiamo alla sterlina, che si trova nuovamente a confrontarsi con la resistenza di cui parliamo da settimane, intorno a 1,3424. Considerando le attuali condizioni del dollaro, è molto probabile che si verifichi un nuovo spike al rialzo, con un possibile target verso la resistenza di distribuzione del 2022, situata intorno a 1,37. Questo movimento rialzista potrebbe proseguire, ma è fondamentale che il livello di 1,3424 venga mantenuto su base settimanale. Queste sono le condizioni chiave da monitorare per il mercato.
USD/JPY
Per quanto riguarda il cambio USD/JPY, il dollaro continua a subire la pressione di una nuova forza dello yen. Questo è anche legato alle ultime comunicazioni della banca centrale giapponese, che intende aumentare i rendimenti dei bond e ha avviato trattative sui dazi con gli Stati Uniti.
La situazione ha generato una forte pressione sul cambio. La zona dei 148, che abbiamo segnalato la scorsa settimana come area di attenzione, ha generato un climax di inversione molto violento, facendo scendere i prezzi fino a circa 143,53.
Alle attuali condizioni di mercato, la perdita del livello di 141,63 potrebbe innescare un ulteriore movimento ribassista, con un target minimo in area 138. Solo un recupero sopra i 146,56 potrebbe riportare maggiore distensione e stabilità.
Oro e argento
Passiamo alle materie prime, con l’oro protagonista in una fase di incertezza ma che conferma comunque un posizionamento solido da parte degli investitori in cerca di copertura. Questo si vede chiaramente dagli acquisti effettuati dalle banche centrali, come indicato dagli stessi istituti, oltre che dalle attività istituzionali segnalate da Bloomberg, che sottolineano come l’oro rimanga un elemento centrale nei portafogli.
In area 3.190 dollari si è formato un supporto solido, con diversi spike ribassisti rapidamente assorbiti, confermando così la forza di questo livello. La media mobile a 50 periodi, che utilizziamo per valutare la direzionalità, mostra un trend strutturalmente rialzista.
I prezzi hanno recuperato area 3.247 dollari e stanno risalendo con decisione, con la possibilità di un nuovo attacco alla resistenza mensile in area 3.364 dollari. Una rottura di questo livello potrebbe innescare una nuova fase rialzista.
Per quanto riguarda l’argento, in area 33,92 dollari si sta assistendo a un nuovo tentativo di superamento di una resistenza che dura dalla fine del 2024. È un movimento da seguire con attenzione, poiché la rottura di questa soglia potrebbe aprire la strada a un nuovo rialzo. Il supporto principale rimane in area 29,13 dollari.
Petrolio
Il petrolio attraversa una fase di alta volatilità, influenzata sia dagli aumenti di produzione sia dai dubbi sulla crescita economica futura. L’OPEC+ continua a intervenire con manovre e comunicazioni mirate a mantenere i prezzi entro un certo intervallo di equilibrio.
Attualmente, il petrolio si trova in una situazione di equilibrio precario, con l’area dei 64 dollari che, come discusso da settimane, rappresenta una resistenza molto forte. Un eventuale superamento di questa soglia a livello settimanale potrebbe aprire la strada a un rialzo verso la zona 66-68 dollari. La fascia tra 60 e 60,78 dollari resta un livello chiave.
Bitcoin ed Ethereum
Concludiamo, come di consueto, con le crypto. Bitcoin sta mostrando interessanti pressioni al rialzo, sostenute dalle discussioni in corso negli Stati Uniti riguardo alla regolamentazione delle stablecoin, che potrebbe avere un impatto significativo sull’intero ecosistema.
Da inizio maggio, il supporto intorno a 100.241 dollari sta garantendo una solida fase di accumulazione. Fintanto che i prezzi non scenderanno al di sotto di questo livello, il raggiungimento di nuovi massimi è ampiamente possibile.
Anche Ethereum sta attraversando una fase di accumulazione. Dopo aver testato la resistenza di febbraio in area 2.277 dollari, i prezzi stanno cercando di stabilizzare un range tra 2.600 e 2.277 dollari. L’obiettivo rimane il recupero della zona intorno a 2.900 dollari.
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