Le Banche centrali si stanno allontanando dal dollaro USA e accumulando altri asset come oro ed euro nelle loro riserve. È quanto emerge da un rapporto dell'Official Monetary and Financial institutions Forum (OMFIF), secondo cui a causa della frammentazione del commercio mondiale e delle tensioni geopolitiche, gli istituti monetari stanno ripensando alla gestione dei flussi finanziari.
L'indagine è stata fatta su 75 Banche centrali durante il periodo marzo e maggio. Quindi, ha raccolto gli umori dei custodi di migliaia di miliardi di dollari dopo quanto successo riguardo la guerra commerciale innescata dai dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il successivo passo indietro con il congelamento delle tariffe.
Jan Kubicek, membro del consiglio della Banca Nazionale Ceca, ha dichiarato contestualmente che la quota del dollaro statunitense nelle riserve valutarie globali potrebbe scendere sotto il 50% nel prossimo decennio, mentre altre valute emergeranno, tra cui quella cinese o di altri Paesi emergenti. "Per questo motivo il peso del dollaro diminuirà", ha puntualizzato. Il 70% degli intervistati dell'OMFIF ha detto di essere scoraggiato nell'investire nel biglietto verde a causa dell'"ambiente politico degli Stati Uniti". Si tratta di una percentuale più che doppia rispetto a un anno fa.
Banche centrali: l'oro come bene rifugio
Lo studio dell'OMFIF ha rilevato che una Banca centrale su tre intende aumentare l'esposizione nell'oro nei prossimi uno o due anni, mentre il 40% prevede di accrescere le riserve auree nel prossimo decennio. "Dopo anni di acquisti record di oro da parte delle Banche centrali, i gestori delle riserve stanno raddoppiando il metallo prezioso", si legge nel rapporto.
Le autorità centrali hanno accumulato lingotti a un ritmo record negli ultimi anni a causa delle tensioni internazionali che hanno rafforzato il valore del metallo giallo come bene rifugio. La svolta è stata la guerra Russia-Ucraina e le sanzioni comminate dagli Stati Uniti a Mosca, specialmente con il congelamento di oltre 600 miliardi di dollari di asset russi.
Alcune Banche centrali, come quella cinese, temono che i meccanismi sanzionatori potrebbero essere replicati in altre circostanze e con altri Paesi. Anche la questione dei dazi e le turbolenze che ne sono derivate, nonché la guerra in Medio Oriente, hanno indotto gli istituti monetari a fare incetta di oro.
Tutti pazzi per l'euro
L'euro è la valuta del momento. Recentemente ha ricevuto un endorsement da parte del governatore della
Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, che ha parlato di opportunità della moneta unica di ricoprire un ruolo chiave negli scambi internazionali. Il 16% delle Banche centrali intervistate dall'OMFIF ha dichiarato di voler aumentare le disponibilità in euro nei prossimi 12-24 mesi, rendendola la valuta più richiesta, rispetto al 7% di un anno fa.
Entro 10 anni, inoltre, l'euro raggiungerà circa il 22% delle riserve, stimano gli interpellati.
"La quota dell'euro nelle riserve globali aumenterà quasi sicuramente nei prossimi anni, non tanto perché l'Europa è vista molto più favorevolmente, ma perché lo status del dollaro è diminuito", ha detto Kenneth Rogoff, professore di Harvard ed ex capo economista del Fondo monetario internazionale.
Secondo Bernard Altschuler, responsabile globale della copertura della Banca centrale di HSBC, "l'euro è l'unica vera valuta alternativa per il momento a fare un cambiamento significativo nel livello delle riserve". Per tale ragione, "è realistico pensare che la valuta europea raggiunga una quota del 25% delle riserve globali in 2-3 anni se alcuni problemi vengono affrontati". L'esperto si riferisce in particolare all'integrazione dei mercati dei capitali in Europa che permetterebbe un aumento considerevole dell'emissione di obbligazioni nella regione, riducendo così il gap con il mercato dei Treasury statunitense.