La
regola del dollaro di
Warren Buffett fa parte del criterio finanziario che il leggendario investitore utilizza nella selezione dei titoli azionari. Quando deve valutare un'azienda, l'Amministratore delegato del conglomerato finanziario
Berkshire Hathaway si affida fondamentalmente a quattro criteri: di business, di management, finanziari e di mercato (
Warren Buffett: ecco i 4 criteri che guidano i suoi investimenti).
I criteri finanziari si basano sulla valutazione del ROE (Return on Equiry), dell'owner earning (l'utile netto sommato ad ammortamenti e svalutazioni e al netto del Capex), dei margini di profitto, e della regola del dollaro. In questo testo approfondiremo l'aspetto della regola del dollaro e di come Buffett l'abbia applicata ad alcune sue grandi operazioni.
La regola del dollaro: cos'è e come funziona
In tutta la sua carriera Buffett ha cercato sempre società che avessero prospettive di lungo termine positive, disinteressandosi dei fattori contingenti e delle bizzarrie temporanee dei mercati. Inoltre ha posto sempre in primo piano la gestione delle aziende da parte di manager capaci, in grado di guardare oltre, razionali, trasparenti verso gli azionisti e che non seguivano il gregge per non apparire sprovveduti. Ovviamente ha cercato di puntare su azioni che in Borsa non riflettevano il loro valore effettivo e potenziale, in modo da creare un margine di sicurezza come gli era stato insegnato dal suo mentore Benjamin Graham.
In questo contesto, le scelte aziendali possono essere decisive per le quotazioni del titolo. Ad esempio, se la società reinveste gli utili non distribuiti ottenendo un ritorno al netto del costo dell'investimento inferiore a quello di mercato, alla lunga il valore delle azioni scende. Viceversa, se una società ottiene da un aumento di capitale guadagni superiori alla media, verrà premiata dal mercato. Queste sono alcune delle circostanze in cui nel lungo periodo il valore di mercato ha una certa attinenza con ciò che ha seminato l'azienda. I risultati di un singolo anno possono però sviare un investitore, perché per diverse ragioni i prezzi di mercato potrebbero presentare una variabilità dal valore della società.
Ecco che Buffett ha introdotto la regola del dollaro per misurare quanto un'attività sia economicamente interessante e se il management sta generando valore per gli azionisti. In sostanza, con tale regola, ogni dollaro di utile non distribuito deve essere almeno pari all'aumento di un dollaro di valore di mercato. Detto in altro modo, ciascun dollaro di utile trattenuto deve trasformarsi in almeno un dollaro di valore di mercato. La regola del dollaro insomma permette di stabilire se nel corso del tempo il management è riuscito a ottimizzare gli investimenti effettuati con il capitale aziendale.
Warren Buffett: applicazioni pratiche della regola del dollaro
Warren Buffett ha tenuto fede alla regola del dollaro in molte circostanze e ha avuto riscontro nel tempo di come si siano comportati i manager a seguito del suo investimento.
Prendendo ad esempio l'acquisto della partecipazione nel Washington Post nel 1973, il quotidiano americano ha prodotto in un ventennio 1,75 miliardi di dollari di utili per i suoi azionisti, di cui: 299 milioni di dollari sono stati distribuiti e 1,46 miliardi reinvestiti. Nello stesso periodo, la capitalizzazione di mercato della società è passata da 80 milioni di dollari a 2,63 miliardi di dollari. Questo significa che per ogni dollaro trattenuto dall'azienda, sono stati creati 1,75 dollari di valore di mercato per gli azionisti.
Buffett ha cominciato ad acquistare azioni del gruppo assicurativo GEICO nel 1976 proseguendo fino al 1980, per un esborso complessivo di 47 milioni di dollari. Tra il 1980 e il 1992 la compagnia ha prodotto utili per 1,68 miliardi di dollari. Di questo importo, 268 milioni sono stati distribuiti agli azionisti attraverso dividendi, mentre 1,4 miliardi sono stati reinvestiti nell'attività aziendale. Nel contempo, il valore di mercato di GEICO è aumentato di oltre 4,3 miliardi di dollari, balzando da 296 milioni del 1980 a 4,6 miliardi di dollari del 1992. Facendo i dovuti calcoli, ogni dollaro investito nell'azienda ha generato per gli azionisti 3,07 dollari.
Un altro esempio indicativo è quello di IBM. Il re del value investing ha acquistato 63,9 milioni di azioni nel 2011 spendendo 10,8 miliardi di dollari. La valutazione della regola del dollaro per i dieci anni precedenti non ha dato risultati eccellenti come in altri casi, ma alla fine ha passato la selezione di Buffett. Scendendo nel dettaglio, dal 2002 al 2011 IBM ha realizzato un utile netto complessivo di 108 miliardi di dollari, distribuendone 20 miliardi agli azionisti e trattenendo 88 miliardi per fare acquisizioni, investimenti e riacquistare azioni. Durante lo stesso periodo, il valore di mercato della società è cresciuto di 80 miliardi di dollari. Ogni dollaro investito nel periodo ha generato 0,9 dollari di capitalizzazione, quindi la regola del dollaro non è stata proprio rispettata. Tuttavia, l'oracolo di Omaha ha considerato il risultato rispettabile in quanto quel decennio è stato molto difficile, in particolare per i titoli tecnologici colpiti dallo scoppio della bolla dot-com di inizio millennio e poi - insieme a tutti gli altri - dalla grande crisi del 2008.