Nella filosofia di investimento di
Warren Buffett hanno esercitato un'influenza importante diversi grandi economisti del passato, ma due in particolare sono stati i veri mentori del leggendario investitore:
Benjamin Graham e
Philip Fisher. Si tratta di due personaggi per certi aspetti molto diversi tra di loro, ma accomunati da una linea di pensiero che ha costituito le fondamenta del pensiero finanziario di Buffett. Entrambi cioè sceglievano un'azienda sulla quale investire solida, in salute, con una storia alle spalle di crescita e profitti e soprattutto che avesse un
valore intrinseco importante. Il 94enne miliardario di Omaha ha preso un po' da Graham e un po' da Fisher, benché alla fine fu semplicemente Warren Buffett nella costruzione di una strategia di investimento vincente che lo ha portato negli anni a essere definito il re del value investing.
Benjamin Graham e Warren Buffett
Buffett si infatuò di Graham quando era ancora studente all'università, dopo aver letto il libro Security Analysis scritto proprio dall'economista. Il manuale predicava il concetto del valore intrinseco di un'attività e che se gli investitori lo avessero seguito avrebbero costruito un margine di sicurezza e realizzato guadagni sul mercato azionario. Buffett rimase talmente colpito che si iscrisse alla Graduate School of Business della Columbia University dove insegnava Graham. Il giovane studente era il più brillante del corso e aveva creato una sintonia particolare con il suo professore, ma ciò non fu abbastanza per essere assunto alla Graham-Newman una volta laureatosi. Il diniego non scoraggiò Buffett e nello studio del padre dove lavorava consigliava i titoli che soddisfacevano i requisiti di Graham.
Nel 1954 arrivò però la sorpresa che non ti aspetti. Graham chiamò Buffett per chiedergli se era ancora interessato a un posto nella sua società di investimento. La risposta non ebbe un minimo di esitazione e Buffett si immerse totalmente nel pensiero del suo mentore. Tuttavia, due anni più tardi la Graham-Newman si sciolse e l'allora sessantunenne Graham decise di ritirarsi. A 25 anni però Buffett aveva imparato abbastanza e, facendo tesoro delle nozioni acquisite, avviò una propria società di investimento: la Buffett Partnership. Il re di Wall Street non perse mai occasione di essere riconoscente al suo grande maestro, al punto di chiamare il suo primogenito Howard Graham Buffett.
Philip Fisher e Warren Buffett
Philip Fisher era circa 13 anni più giovane di Benjamin Graham, ma fu altrettanto importante per la formazione di Warren Buffett. Nel periodo in cui Graham scriveva Security Analysis nel 1934, Fisher iniziava la sua carriera di consulente finanziario. L'incontro con Buffett avvenne perché Fisher era amico del padre e infatti per molto tempo erroneamente chiamava Buffett con il nome del suo genitore, Howard, e non Warren. Al di là di questo particolare, Fisher rimase da subito folgorato da quello che definiva un "brillante giovanotto". Come rivelò anni più tardi il figlio Kenneth, Fisher era un uomo gentile ma severo nel giudizio sugli altri. Difficilmente a un primo incontro ne seguiva un altro se non restava in qualche modo impressionato dall'interlocutore. Per lui una persona se non era da 10 era da zero, non c'erano vie di mezzo. E Buffett fu valutato da 10.
Tra di loro si instaurò un profondo legame, perché costruito su solide fondamenta. Ad esempio, entrambi condividevano la filosofia di circondarsi di collaboratori onesti e capaci. In questo contesto, Buffett assorbì completamente la nozione trasmessa da Fisher che un'azienda di successo è tale se guidata da un management bravo ma anche onesto e trasparente verso i suoi azionisti, cordiale con i dipendenti e che non bada solo al proprio tornaconto personale. Fisher ha creato nel 1931 una società di investimento, la Fisher & Company, condotta fino al 1999, quando all'età di 91 anni decise di ritirarsi dall'attività professionale.
Benjamin Graham e Philip Fisher: le differenze
Buffett riuscì a raccogliere il meglio da Graham e Fisher, ma i due avevano delle differenze nell'approccio all'investimento anche molto marcate. Entrambi fondavano la loro teoria finanziaria sul valore intrinseco di un'azienda, ma mentre questo era alla base, secondo Graham, per individuare solo titoli a buon prezzo, per Fisher invece costituiva un riferimento per capire se nel lungo periodo le aziende potevano aumentarlo. Detto in altro modo, Graham acquistava solo titoli il cui prezzo di mercato era inferiore al valore intrinseco, Fisher puntava su azioni che avevano una potenzialità di crescita del valore intrinseco.
Un'altra differenza importante era la seguente: Graham si basava su un'analisi quantitativa dell'azienda, ovvero su vendite, utili, dividendi, asset, ecc; Fisher era un analista qualitativo, ossia conduceva una vera e propria indagine parlando con il personale, i fornitori, i clienti, le organizzazioni di categoria, i funzionari governativi e persino i concorrenti. L'approccio di Fisher richiedeva quindi un dispendio enorme di tempo, ma che a suo avviso alla fine veniva ripagato. Tuttavia, l'economista aveva trovato un modo per superare questo problema, ossia limitare la diversificazione e concentrarsi su pochi titoli ma di grande qualità. Il suo portafoglio infatti non era mai costituito da più di 10 azioni, dove 3-4 rappresentavano il 75% dell'investimento complessivo.
Un aspetto che risaltava in maniera particolare in Fisher rispetto a Graham era anche l'importanza del management. L'investitore di San Francisco insisteva sul fatto che la direzione dell'azienda dovesse essere affidata a persone oneste e capaci, altrimenti alla lunga la società avrebbe subito solo danni.
In definitiva, quanto hanno influito veramente Graham e Fisher su Warren Buffett nelle scelte di investimento del capo di Berkshire Hathaway? C'è da dire innanzitutto che a volte Buffett ha comprato titoli che non avrebbero mai passato il rigido processo di selezione dei due grandi economisti, quindi alla fine la sua strategia di investimento è stata sempre indipendente. Ciò non toglie che le fondamenta siano state costruite sul pensiero di questi due grandi personaggi. È difficile dire se uno abbia inciso di più dell'altro. Nel 1969 Buffett dichiarò di considerarsi "85% Graham e 15% Fisher", ma negli anni successivi si è sempre più spostato verso la filosofia di pensiero del secondo, in particolare nell'acquisto selettivo di pochi titoli e nella conservazione degli stessi per molti anni.