Il rapporto di Warren Buffett con American Express è il più antico tra quelli della Berkshire Hathaway, il conglomerato finanziario che il leggendario investitore gestisce dal 1965. Quando acquistò le azioni del colosso americano delle carte di credito, Buffett non aveva ancora comprato la Berkshire e gestiva la Buffett Limited Partnership.
L'operazione American Express nacque da uno di quegli scandali mal tollerati dall'oracolo di Omaha, che mette sempre al primo posto l'onestà e la trasparenza del management. All'epoca la società fu coinvolta in un caso di frode riferito alla Allied Crude Vegetable Oil Refining Company che aveva contribuito a finanziare.
Quest'ultima aveva falsificato i contenuti dei suoi contenitori di olio, mischiando il prodotto con acqua per riempire i suoi enormi barili. L'allora Amministratore delegato Anthony De Angelis fu condannato a 7 anni di reclusione e l'American Express - uno dei tre grandi investitori della società - vide più che dimezzato il valore delle sue azioni. Di fronte a un terremoto di tali proporzioni, molti sull'onda dell'emotività sarebbero stati scoraggiati dall'idea di investire in American Express. Buffett però ci vide una grande opportunità.
Warren Buffett: l'acquisto di American Express
Era il 1963 e le azioni American Express stavano colando a picco. Perché comprarle? Buffett fece alcune valutazioni. Innanzitutto vide che le persone nei ristoranti, nei supermercati e nei negozi pagavano ancora con la carta della società. Le persone in viaggio inoltre continuavano a utilizzare i traveler's check American Express. Partendo da questi assunti, la Buffett Limited Partnership investì il 40% del capitale nella società, comprando il 25% delle azioni.
Oltre trent'anni più tardi toccò alla Berkshire Hathaway entrare nell'azionariato del colosso delle carte di credito, ma Buffett stavolta partì in sordina per aumentare in seguito e in maniera massiccia l'investimento. Il motivo fu dettato da uno dei criteri più importanti tenuti in considerazione dal 94enne miliardario quando deve selezionare una società:
il management. Nel tempo American Express aveva prodotto più denaro di quanto le serviva per la gestione ordinaria, con un
owner earning (utile netto più ammortamenti e svalutazioni e meno Capex) di tutto rispetto.
Questo però è anche un banco di prova per il management, secondo Buffett. Più precisamente, i dirigenti sono in grado di utilizzare il surplus con razionalità? Per verificarlo, le strade sono due: o investire nella crescita magari con nuove acquisizioni oppure restituire il denaro generato in più agli azionisti tramite i dividendi e i riacquisti azionari.
Il punto è che non tutti i manager fanno la scelta giusta, secondo l'esperienza di Buffett. A suo avviso, il surplus va reinvestito se il ritorno è superiore alla redditività media del mercato, dove per essa si intende un aumento di valore al netto del costo dell'investimento. Se ciò non avviene, è meglio remunerare la proprietà. A volte chi è al timone dell'azienda, osserva Buffett, non è in grado di resistere all'imperativo istituzionale - cioè imitare quello che fanno gli altri per non apparire sprovveduti - di ampliare il business, commettendo in questo modo un errore madornale.
Questo fu il caso di American Express. Allora l'Amministratore delegato della compagnia americana era James Robertson, la cui idea era quella di utilizzare l'avanzo di liquidità della principale divisione aziendale per fare shopping. Allora le divisioni di American Express erano tre: la Travel Related Services, che emetteva le carte di credito e i traveller's cheque e rappresentava circa tre quarti del business; l'American Express Financial Advisors che si occupava di pianificazione, assicurazione e investimenti finanziari; l'American Express Bank che era la parte residuale del business.
Alcune attività acquisite si rivelarono redditizie, altre come la Shearson-Lehman un disastro. Quest'ultima costò fino a 4 miliardi di dollari e assorbiva sempre più liquidità dall'attività principale. Buffett dicevamo partì in sordina e acquistò nel 1994 azioni privilegiate per una cifra di 300 milioni di dollari, nell'attesa di diventare un normale azionista se le cose fossero migliorate.
Il cambio di management
Due anni prima dell'entrata in campo di Buffett, Robinson diede le dimissioni e lasciò il comando dell'azienda a Harvey Golub. L'obiettivo del nuovo CEO era quello di rafforzare il segmento delle carte di credito e di ristrutturare Sharson-Lehman in prospettiva di una vendita. Intanto iniziò a liquidare gli asset con le prestazioni peggiori, tipo The Boston Company che cedette a Mellon Bank. In seguito divise Shearson-Lehman in due rami distinti: le attività al consumo che vennero cedute e Lehman Brothers che fu scorporata e offerta agli azionisti di American Express con un'assegnazione di quote esentasse.
Una volta fatta un po' di pulizia, Golub fissò obiettivi ambiziosi dell'azienda in termini di utili e creò le condizioni per un riacquisto di 20 milioni di azioni. Nell'estate del 1994 Buffett ruppe gli indugi e convertì le azioni privilegiate che Berkshire Hathaway deteneva in American Express in azioni ordinarie. Dopo l'annuncio di un ulteriore buyback, Buffett incrementò la partecipazione fino a raggiungere nel 1995 quota 20 milioni di azioni, per una quota di poco meno del 10%. Alla fine l'investimento complessivo risultò di 4,1 miliardi di dollari.
Warren Buffett: la valutazione di American Express
Chiaramente le valutazioni di Buffett su American Express andarono oltre il criterio di management in quegli anni. Nel 1994 aveva calcolato l'owner earning in 1,4 miliardi di dollari. Ipotizzando un tasso di crescita degli utili per azione del 10% nei dieci anni successivi e del 5% in quelli seguenti, e attualizzando il tutto al tasso dei Buoni ordinari del Tesoro a lungo termine del 10%, il guru della finanza era arrivato a un valore intrinseco di 43,4 miliardi di dollari. Se la società fosse riuscita a crescere del 12%, come aveva indicato Golub nello scenario meno ottimistico, il valore avrebbe sfiorato i 50 miliardi di dollari. Ciò significava che Buffett avrebbe acquisito American Express con uno sconto del 70% di quella che era in quel momento la capitalizzazione della società.