Da diverso tempo si discute su come potrebbe cambiare la politica monetaria della
Federal Reserve dopo le elezioni americane di novembre 2024. Alcuni temono che una vittoria di
Donald Trump creerebbe una sorta di interferenza da parte del leader repubblicano sulle decisioni della Banca centrale. Durante il suo precedente mandato alla Casa Bianca (2016-2020), il tycoon si era scontrato aspramente con il governatore della Fed, Jerome Powell, facendo pressioni su quest'ultimo affinché tenesse bassi i tassi di interesse per indebolire il dollaro e rilanciare l'economia.
Anche nelle esternazioni di queste ultime settimane, Trump non si è sottratto dall'affermare che una moneta nazionale forte finisca per danneggiare le aziende statunitensi che esportano. Tuttavia, il 78enne newyorchese ha anche blindato Powell fino alla scadenza del suo mandato nel 2026. Che i rapporti tra le due alte personalità non fossero idilliaci è una cosa scontata; il punto è capire quanto Trump riuscirà a fare presa sull'autonomia nella politica monetaria della Fed.
Quest'ultima si appresta a iniziare un ciclo di tagli dei tassi di interesse, a partire probabilmente dal mese di settembre, poiché le letture recenti sull'inflazione americana hanno confermato un raffreddamento dell'indice dei prezzi al consumo. La prossima settimana ci sarà la due giorni in cui l'istituto monetario prenderà la decisione sui tassi e delineerà il percorso di politica monetaria per i prossimi mesi. Non sono attese novità sul costo del denaro, che dovrebbe rimanere fermo nell'intervallo 5,25%-5.5%, ma gli investitori si attendono che Powell dia indicazioni sull'eventualità di una riduzione a settembre e in merito al numero di tagli nel 2024.
Fed: per Citi nessun condizionamento dalla politica
In un report di questa settimana, gli economisti di Citigroup hanno affermato che la Banca centrale americana baserà le sue decisioni sui dati dell'economia piuttosto che su potenziali proposte politiche. Questo significa che chiunque vincerà le prossime elezioni presidenziali americane e la composizione del prossimo Congresso non influenzeranno la politica monetaria della Fed, hanno sottolineato gli esperti.
Sul mercato, i rendimenti in salita dei titoli di Stato hanno scontato anche il fatto che una maggioranza repubblicana a sostegno del prossimo governo attui delle misure che allarghino il deficit USA e aumentino l'inflazione, hanno osservato da Citigroup. Tuttavia, questi aumenti sono stati contenuti, il che implica uno scarso impatto reale della politica in rapporto a come si muoverà l'autorità centrale, hanno scritto gli economisti nel rapporto.
Per Citi, le lievi fluttuazioni del mercato dovute alle elezioni potrebbero essere frutto della convinzione che nel breve ci sia un'inflazione più alta e imprevendibile, nonché un deficit statale più ampio. Ma l'impatto limitato "potrebbe aiutare a capire perché l'incertezza politica non stia portando a fluttuazioni significative nei mercati finanziari", si legge nel rapporto.