-
Le stime dell'OPEC sulla domanda di petrolio per il 2020 non sono confortanti, anche se i consumi sono in ripresa;
-
In USA alcuni produttori stanno aumentando gli investimenti in impianti per l'energia pulita;
-
In Italia ENEL guida la transizione verso una decarbonizzazione delle attività energetiche
Il petrolio continua la sua lenta ripresa. Negli ultimi giorni sia il Brent che il WTI stazionano intorno a livelli che la maggior parte degli analisti hanno dato come target per il 2020. Il greggio del Mare di Scozia quota circa 45 dollari al barile, mentre l'oro nero del Texas viaggia sui 42 dollari.
Dall'OPEC però non sono arrivate notizie molto confortanti riguardo le previsioni sulla domanda futura. Nella giornata di ieri il Cartello dei Paesi esportatori della materia prima ha stimato per quest'anno un calo di 9,1 milioni di barili, peggiore rispetto a quanto previsto nel precedente rapporto mensile.
La motivazione si associa alle aspettative sull'economia mondiale più negative di quanto rilevato antecedentemente. Secondo l'OPEC la contrazione sarà del 4% e non del 3,7% come da ultimo aggiornamento. Ciò che preoccupa i produttori di petrolio è la recrudescenza del virus negli Stati Uniti, ma anche in India, Brasile e Spagna. Se la seconda ondata dovesse materializzarsi in nuove misure di contenimento, la depressione economica che ne consegue potrebbe portare a nuovi shock della domanda di petrolio.
Le previsioni per il 2021 sono rimaste intatte, con attese di un rimbalzo record della domanda. Per il momento il problema sarebbe quello di mantenere fede agli accordi sull'output. Dal 1° agosto i membri dell'Organizzazione hanno deciso di lasciare inalterata la riduzione dell'offerta a 7,7 milioni di barili al giorno. Questo si aggiunge alla buona notizia che, come ha riportato l'EIA, la domanda di carburante negli Stati Uniti è continuata a salire e le scorte a decrescere, nonostante il calo del 45% rispetto all'anno scorso del consumo di combustibile negli aerei.
Petrolio: i produttori USA verso la svolta verde
Una buona parte di produttori di carburante americani si sta riorganizzando. Ormai in tutti i Paesi del mondo sta sempre più prendendo piede la prospettiva di nuovi regolamenti che mirano a ridurre le emissioni, eliminando carbonio e gas serra. E questa esigenza si fa ancora più stringente quanto più perdurano gli effetti letali della pandemia.
In California le normative stanno diventando molto severe e lo Stato mira a ridurre del 20% l'intensità di carbonio. Alla luce di questo, Phillips 66 ha in programma di trasformare entro il 2024 una raffineria di petrolio a San Francisco in un impianto che ricava il combustibile dall'olio vegetale e dal grasso animale. Il biocarburante che se ne ricava sarebbe perfettamente intercambiabile con quello convenzionale.
Altri produttori di carburante si sono avviati nella stessa direzione. Marathon Petroleum ha annunciato la scorsa settimana che valuterà la possibilità di creare un impianto di diesel rinnovabile in una raffineria californiana che questa primavera ha chiuso dopo lo shock del petrolio. HollyFrontier invece chiuderà una raffineria del Wyoming per trasformarla in un impianto di produzione di diesel rinnovabile.
Queste operazioni fanno leva su una domanda di combustibile verde in crescita, sebbene ancora ridotta in valori assoluti, come afferma il Vicepresidente Esecutivo della società di consulenza Turner, Mason & Co, John Auers. Secondo l'esperto inoltre il diesel rinnovabile in genere non è economico da produrre senza incentivi governativi e per questo le istituzioni dovrebbero lavorare in tal senso quando legiferano in tema di emissioni inquinanti.
Petrolio: in Italia ENEL alla guida della decarbonizzazione
Con riferimento alla realtà italiana si può affermare che tra le società italiane operanti nel settore energetico, ENEL sia in prima linea nella riduzione di carbone e nell'aumento delle energie rinnovabili. L'Amministratore Delegato dell'azienda, Francesco Starace, ha dichiarato che nella prima metà del 2020 sono stati commissionati 800 MW di capacità rinnovabile.
Nello stesso periodo la produzione di carbone è diminuita del 72% mentre quella verde è aumentata del 9% rispetto al 2019. Questo si inquadra perfettamente nel percorso tracciato dalla società di aumentare a 60 GW da 46 GW la potenza delle rinnovabili, arrivando a ridurre fortemente entro il 2030 la produzione di carbone e ad eliminarla entro il 2050.