Dopo un lungo negoziato, l'Unione Europea è giunta a un compromesso riguardo l'embargo sul petrolio russo. Il divieto di importazione dalla Russia comprenderà il greggio e i prodotti a esso collegati, escludendo però il petrolio consegnato da Mosca tramite oleodotto. Questo serve ai Paesi che maggiormente subiranno il danno da questa decisione di pianificare gradualmente l'uscita dai rapporti con la Russia.
Le esigenze di sicurezza energetica di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca quindi sono state tenute in considerazione nel sesto pacchetto di sanzioni. In particolare Budapest lamentava le difficoltà a cui sarebbe andata incontro, vista la sua dipendenza dall'oleodotto russo Druzhba. Se gli oleodotti quindi sono salvi, per il petrolio che circola via mare e che copre due terzi delle importazioni europei il divieto è assoluto. Inoltre, Germania e Polonia hanno promesso di bloccare l'import dalla parte settentrionale di Druzhba, portando a un embargo del 90% entro la fine del 2022.
Quanto dureranno questi provvedimenti? Ancora non è dato di saperlo, sebbene l'Europa abbia affermato che si tratta di misure temporanee. L'obiettivo, come ha affermato il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, è quello di esercitare la massima pressione su Vladimir Putin per mettere la parola fine alla guerra Russia-Ucraina. La reazione del petrolio sul mercato è stata energica, con le quotazioni del Brent che rivedono quota 120 dollari al barile.
Embargo petrolio: quali effetti per il mercato
Era dall'inizio di maggio che Bruxelles discuteva di tagliare fuori la Russia dai Paesi fornitori di oro nero, dopo aver imposto il divieto al carbone russo. Accontentando il Primo Ministro ungherese, Viktor Orbàn, che chiedeva l'estromissione degli oleodotti da qualsiasi forma di embargo, adesso sorge però un problema di distorsione della concorrenza nel mercato petrolifero europeo.
In sostanza, le raffinerie collegate agli oleodotti russi hanno un vantaggio di prezzo rispetto alle altre. Infatti, il petrolio degli Urali è diminuito in maniera consistente da quando molte compagnie hanno rifiutato le forniture russe e adesso viene quotato a circa il 30% in meno in confronto al Brent. Questo ampliamento dello spread ha fatto godere di margini sbalorditivi ad alcune imprese da marzo, come ha confermato il gruppo petrolifero ungherese Mol.
Il vertice UE però su questo punto è stato chiaro, perché ha affermato che il pacchetto di sanzioni prevede un mercato unico dove emerge la concorrenza leale e la solidarietà tra gli Stati membri. Come si conciliano quindi le 2 cose? Al riguardo, per ridurre al minimo le distorsioni di mercato, è stato anche imposto il divieto di rivendita dei prodotti raffinati dal greggio russo. Provvedimento che entrerà in vigore dopo 8 mesi, con l'eccezione per la Repubblica Ceca che avrà un periodo di tolleranza di 10 mesi in più.
Embargo petrolio: la reazione degli analisti
Le conseguenze per i prezzi dell'energia dopo questa decisione dell'UE potrebbero essere quelle di esacerbare un ambiente inflazionistico che è già surriscaldato. Secondo Vivek Dhar, direttore della ricerca sulle materie prime minerarie ed energetiche presso la Commonwealth Bank of Australia, anche se l'accordo di Bruxelles non comprende l'import dagli oleodotti, l'embargo sul petrolio marittimo ha un peso notevole perché il greggio dal mare rappresenta circa due terzi delle forniture russe.
Avtar Sandu, senior manager delle materie prime presso la piattaforma di trading Philip Nova, sostiene invece che il divieto del greggio russo consegnato tramite spedizioni rafforzerà l'offerta generale, che in questo momento è tesa a causa della domanda in eccesso.