I venti di guerra che soffiano in Medio Oriente stanno destabilizzando l'ultima seduta della settimana a Wall Street. Gli investitori sono in ansia che gli attacchi militari di Israele alle basi nucleari iraniane abbia delle conseguenze di portata molto più grande.
I conflitti che stanno insanguinando il mondo negli ultimi anni sono lontani dall'essere spenti per sempre e in verità si vedono pochi spiragli che la situazione possa migliorare nei prossimi mesi. Anzi, è più probabile un'escalation che non promette nulla di buono, il che inevitabilmente finirebbe per riverberarsi nelle quotazioni in Borsa.
Le tensioni a livello geopolitico si accompagnano a quelle di natura economica, con una guerra commerciale tra gli Stati Uniti e il resto del mondo che ancora non è stata risolta nonostante qualche passo avanti. Nei prossimi mesi
anche la Federal Reserve potrebbe giocare un ruolo chiave, perché l'inflazione più debole risultata dalle ultime letture apre spazi alla ripresa dei tagli ai tassi di interesse, il che verrebbe visto in maniera positiva dai mercati.
Wall Street: la storia a supporto
C'è un dato storico tuttavia che fa ben sperare. Come hanno riportato gli analisti di Barclays, l'indice S&P 500 è scambiato a circa 22 volte gli utili previsti nei prossimi 12 mesi. Negli ultimi 30 anni in cui ciò è avvenuto, si è assistiti a "una capitolazione degli orsi a Wall Street, assumendo però che la crescita degli EPS (earnings per share, n.d.r.) rimanga positiva", hanno affermato gli esperti della banca londinese.
Esaminando tre decenni di rendimenti futuri attraverso diverse fasce di valutazione, l'istituto di credito ha scoperto che "mentre i rendimenti medi diminuivano (e la varianza di questi rendimenti aumentava) con l’aumento delle valutazioni da 10x a circa 21x, i rendimenti in realtà miglioravano moderatamente (e la varianza diminuiva) quando il P/E (price/earnings, n.d.r.) superava 22x, fino a circa 24x".
A giudizio di Barclays, "la valutazione da sola come argomento contro ulteriori rialzi è un caso limitato, specialmente se la crescita degli utili sale a circa il 9% nel 2026", come la banca prevede. Tuttavia, gli analisti britannici hanno avvertito che nel breve periodo le azioni potrebbero essere instabili, mentre i mercati attendono chiarezza dalla politica fiscale statunitense. Inoltre, "gli utili del secondo trimestre 2025 probabilmente presenteranno il primo impatto sostanziale dei dazi", hanno aggiunto.
Anche gli analisti di Bank of America hanno un'intonazione rialzista nelle loro valutazioni. In una nota di venerdì hanno scritto che i multipli attuali dell'S&P 500 sono per lo più giustificati, nonostante l'indice sembri costoso sulla base delle misure tradizionali.
Gli esperti sottolineano che i confronti con le medie storiche del passato potrebbero essere fuorvianti, in quanto c'è stato un cambiamento nella composizione settoriale. "Quasi il 70% dell’indice era costituito da settori manifatturieri ad alta intensità di capitale nel 1980 rispetto a meno del 20% oggi". Nell'epoca attuale, il benchmark "è diventato di qualità superiore, con minore leva finanziaria, minore volatilità degli utili e margini più elevati", hanno aggiunto.