Il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump ha imposto ancora una volta la dura legge dei dazi e questo potrebbe avere degli effetti pesanti sulle valute dei Paesi coinvolti. A partire dal 1° agosto, una serie di nazioni dovrà sopportare
tariffe sulle merci che esportano negli Stati Uniti. Scendendo nel dettaglio, sono previsti i seguenti prelievi:
- 25% per Giappone, Corea del Sud, Malesia, Kazakistan e Tunisia;
- 30% per Sudafrica e Bosnia;
- 32% per Indonesia;
- 35% per Bangladesh e Serbia;
- 36% per Cambogia e Thailandia;
- 40% per Laos e Myanamar.
Fino alla nuova scadenza comunque c’è tempo per i negoziati, ma Trump ha annunciato un ulteriore aggravio in caso di rappresaglia da parte dei Paesi coinvolti. Insomma, ci sono le premesse per una nuova guerra commerciale.
Valute: ecco cosa potrebbe succedere con i nuovi dazi
Per quanto riguarda il mercato valutario, le divise delle nazioni colpite rischiano di subire pesanti contraccolpi.
Nick Twidale, capo analista di mercato presso AT Global Markets a Sydney, ritiene che "il Giappone e la Corea del Sud saranno i più colpiti dall'ultimo aggiornamento, ma Trump probabilmente prenderà di mira la Cina". Quindi, nel complesso, si tratta di "un aspetto negativo per l'Asia e le valute asiatiche", con il "won sudcoreano che subirà un duro colpo", mentre è da "tenere d'occhio anche lo yuan".
A questo punto bisognerà vedere la reazione della People's Bank of China, che potrebbe svalutare lo yuan. L'idea di fondo è di "rendere la valuta più economica" di fronte alla mossa Usa di "rendere i prodotti più costosi", ha affermato Twidale.
A giudizio di Aroop Chatterjee, strategist di Wells Fargo a New York, "è probabile che il forex sia più sensibile ai nuovi dazi, con gli esportatori asiatici che sembrano particolarmente vulnerabili". Questo "non è di buon auspicio e non è del tutto sorprendente, data l'entità dei deficit bilaterali degli Stati Uniti, che la maggior parte degli annunci siano stati contro i Paesi asiatici".
Tra le valute che potrebbero andare sotto pressione figurano la rupia indonesiana, il ringgit malese e il baht thailandese, ha affermato Sean Callow, analista senior presso InTouch Capital Markets a Sydney. Il motivo è derivante dal fatto che "gli Stati Uniti hanno chiaramente solo la possibilità di negoziare con una manciata di partner commerciali, mentre il resto sembra essere accusato di non essere riuscito a raggiungere un accordo".
Ad ogni modo, le Banche centrali di Indonesia, Malesia e Thailandia "potrebbero prendere provvedimenti per limitare i danni a breve termine", mentre "ci sarà ancora qualche speranza di una tregua prima del 1° agosto", ha aggiunto.
Felix Ryan, analista dei cambi presso ANZ a Sydney, vede l'annuncio dei dazi del 25% sul Giappone "un
ostacolo per lo yen" e arriva mentre la Banca del Giappone è pronta ad adottare un approccio più cauto nei confronti di ulteriori rialzi dei tassi a causa dell'incertezza della politica globale". Tra l'altro, "gli ultimi dati non commerciali della CFTC (Commodity Futures Trading Commission, n.d.r) mostrano anche che il posizionamento short sull'
USD/JPY rimane molto elevato", osserva l'esperto, il che potrebbe comportare "un rialzo della coppia a causa di notizie più negative sui dazi per il Giappone".