Lo yen giapponese continua la sua fase di debolezza, con il cambio USD/JPY che viaggia stabilmente sopra il livello di 130. Questo sta determinando una certa ansia in Giappone, con le
richieste alla Bank of Japan di aumento dei tassi d'interesse per rafforzare la valuta che si fanno sempre più insistenti. L'istituto monetario però sembra essere immune a tali pressioni e anzi la scorsa settimana ha rilanciato la sua intenzione di
mantenere i rendimenti dei titoli a reddito fisso a 10 anni schiacciati verso lo zero.
Il Governatore Haruhiko Kuroda vorrebbe raggiungere un grande obiettivo prima della scadenza del suo mandato nel 2023, ovvero riportare il Paese in un commercio di reflazione, come non avviene da diversi decenni. Il Giappone ha dovuto convivere a lungo con l'annoso problema della deflazione, al punto che oggi parlare di indice dei prezzi al consumo in grande crescita risulta quasi incredibile.
Ad aggravare la situazione dello yen vi è anche
l'atteggiamento diametralmente opposto a quello della BoJ da parte della Federal Reserve, che già questa settimana si prepara a un rialzo di mezzo punto percentuale dei tassi d'interesse, in aggiunta all'aumento di marzo. In tutto alla fine dell'anno l'istituto guidato da
Jerome Powell dovrebbe effettuare almeno 7 aumenti e questo incrementa ancora di più il divario di rendimento tra gli asset statunitensi e quelli nipponici.
La dose è stata rincarata anche dalla guerra Russia-Ucraina, che ha determinato uno shock in tema di importazioni di materie prime da parte del Sol Levante. E lo si vede alle pompe di benzina e nei supermercati, dove le famiglie sono state colpite da un rincaro dei prezzi che, con salari rimasti stabili, alla lunga rischiano di diventare insostenibili.
BoJ: yen debole un'opportunità
Una valuta così debole non schioda la BoJ, ma l'istituto centrale ritiene che l'economia abbia bisogno di sostegno. Kuroda ha affermato che un'inflazione guidata solamente dai costi e non dalla domanda, non potrà essere sostenuta dal Paese. Quindi occorre una ripresa economica, con l'aumento dei consumi e della spesa in conto capitale, ma finora non si vedono le condizioni perché ciò si verifichi.
Per questa ragione una svolta da falco della Banca come è avvenuto con la Fed non sarebbe auspicabile. Un'economia come quella giapponese, che ancora deve riprendersi dal Covid-19 e dove l'inflazione non è mai stata una minaccia, non ha bisogno di certo di un credito più oneroso. Viceversa, come sostiene Kuroda, lo yen debole potrebbe essere una grande opportunità per stimolare le esportazioni e mettere in moto quella crescita sana della domanda che dirotti l'inflazione all'obiettivo dichiarato dalla BoJ del 2%.
Questo alla fine andrebbe a vantaggio anche di altri Paesi con alta inflazione come gli Stati Uniti, perché si troverebbero a importare prodotti dal Giappone a basso costo e quindi a far entrare deflazione per contrastare l'inarrestabile crescita dei prezzi interni.