Nel momento in cui tutte le attenzioni si concentrano, soprattutto in Europa, sullo scenario geopolitico ucraino con la decisione unilaterale di Trump di prendere accordi con la Russia chiedendo al premier ucraino un passo indietro e all’Europa di assumersi le proprie responsabilità, dall’altra parte del mondo stanno accadendo cose impensabili fino a qualche anno fa.
In Giappone, ad esempio, l’inflazione ha toccato il 4% e chi pronosticava una deflazione permanente nel Paese del Sol Levante non ha fatto i conti con gli effetti a volte perversi della globalizzazione. Effetti che stanno adesso deflagrando a causa di una politica americana intenzionata ad alzare nuove barriere commerciali con continui annunci che destabilizzano soprattutto i programmi di investimento.
Innegabile che i dazi annunciati da Trump sul settore auto potrebbero avere impatti notevoli anche sull’economia giapponese nei prossimi mesi. Senza dimenticare chip e farmaci anch’essi nel mirino dell’amministrazione americana dopo acciaio e alluminio.
Basti pensare che dazi nell’ordine del 25% di auto esportate sul suolo americano equivarrebbero ad un terzo dei profitti dell’anno fiscale 2025 di Toyota e la metà di quelli di Honda secondo quanto riportato da Bloomberg.
Guerra Commerciale: alzata di spalle dello Yen
Lo yen per il momento non sembra soffrire particolarmente questo clima di guerra commerciale anche grazie al fatto che i rendimenti sui titoli di stato americani stabili permangono attorno al 4,5% e la politica monetaria nipponica è improntata all’aumento dei tassi per fronteggiare l’inflazione. Questo significa un esaurimento dell’allargamento di quel differenziale di rendimento che aveva provocato il brusco ridimensionamento nella valuta giapponese nei mesi scorsi.
Inflazione che proprio venerdì è stata aggiornata con un dato, come detto all’inizio, impensabile fino a qualche anno fa. Nel mese di gennaio l’attesa era per un +4% rispetto al 3,6% di dicembre con il dato core a 3,1%.
Il mercato si attende altri 25 punti base di rialzo nei tassi entro settembre, con il dato sul Pil del quarto trimestre 2024 che ha confermato una crescita economica superiore alle attese visto l’incremento del 2,8% rispetto al +1% previsto dagli analisti. Il rischio adesso è che l’inflazione scappi troppo lontano.
Per USD/JPY rimangono aperti margini per ulteriori flessioni fino a zona 145, soprattutto se sui mercati finanziari dovessero registrarsi momenti di tensione da molto tempo sopiti. Il punto di caduta più estremo, se questo scenario dovesse materializzarsi, sarebbe a quel punto la zona di 140, già minimo del 2023 e del 2024 al di sotto del quale difficilmente potrebbe andare USD/JPY salvo, come detto, scoppio di una grave crisi finanziaria globale.
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Tra 140 e 145 accumulare posizioni lunghe su USD/JPY rappresenterebbe una buona opportunità. Ragionando più nel breve periodo questo scenario avrebbe una elevata probabilità di realizzazione con la violazione al ribasso del primo supporto utile di 149, minimo di dicembre 2024.