Nella settimana che ha visto protagoniste diverse Banche centrali, tra cui la BCE, anche quella neozelandese ha portato la sua decisione all’attenzione degli investitori mantenendo invariati i tassi di interesse.
Prima di tutto le conferme che erano attese dai mercati. Il Governatore Orr ha detto che la politica monetaria rimarrà restrittiva, quindi tassi fermi al 5,5%, fino a quando l’inflazione non ritornerà dentro il range 1-3%. Previsione che dovrebbe avverarsi secondo la RBNZ (Reserve Bank of New Zealand) entro fine 2024. Proprio mercoledì verrà rilasciato il dato del primo trimestre 2024 e questa affermazione di Orr lascerebbe pensare ad una contrazione dei prezzi al consumo rispetto al 4,7% di dicembre 2023.
Una decisione che si va ad incastrare con una congiuntura economica però debole come dimostrato anche da diversi sondaggi condotti presso imprese e consumatori. Un importante sondaggio nazionale che ha lo scopo di monitorare periodicamente lo stato dell’attività economica neozelandese ha fatto emergere infatti un deterioramento delle condizioni di fondo che supporterebbero maggiore flessibilità al ribasso sui tassi.
Aggressività che la RBNZ preferisce non esternare e nemmeno mettere in pratica attendendo una view più chiara dalla FED e ovviamente dalla Cina. Il timore è quello di alleggerire il carico prima del tempo facendosi poi sorprendere da un secondo rigurgito di inflazione causata dall’incertezza geopolitica globale.
Come il dollaro australiano, anche il dollaro neozelandese dalla pandemia in avanti ha subito molto spesso la pressione della lettera in un contesto di generale debolezza. Dopo un iniziale rimbalzo nel 2020, NZD/USD ha sofferto a causa del rallentamento economico di uno dei partner di commodity più importanti, la Cina. Ma anche la competitività dei tassi americani ha ristretto lo spread e quindi la carta neozelandese sul mercato ha perso appeal. Il mercato, come per l’AUD, si chiede perché dovrebbe tenere dollari neozelandesi in portafoglio se i Treasury offrono rendimenti al 5%.
NZD/USD, un cambio che soffre la volatilità dei mercati azionari
Il cambio NZD/USD è scivolato fino a 0,55 abbozzando una reazione che comunque non ha nemmeno avvicinato la down trend line che guida il ribasso degli ultimi 10 anni. Al momento la prima vera importante resistenza oltre la quale si potrebbe cominciare a ragionare su un’accelerazione verso 0,67 è quella di 0,62. Qui, dall’inizio del 2023, i massimi decrescenti hanno disegnato una trend line ribassista abbastanza affidabile che rappresenta il primo scoglio da superare.
La chiusura di venerdì non sembra comunque lasciare adito per il momento a grandi speranze confermando come NZD/USD è un cambio che soffre la volatilità dei mercati azionari.
Poco sopra (0,635) potremmo idealmente anche intravedere la neck line di una potenziale figura di inversione di testa e spalla invertito e se questa è accumulazione sono proprio questi i due livelli che devono essere superati per restituire credito alla divisa pacifica nelle prossime settimane.