Non sembrano esserci grandi dubbi sull’idea che si sono fatti i mercati circa l’evoluzione, anche temporale, delle politiche monetarie di Eurozona e Stati Uniti. Lagarde ha fatto chiaramente capire che fino a giugno non si muoverà nulla in Eurolandia, in attesa di avere tutte le informazioni necessarie sull’inflazione per poter decidere su quando tagliare il costo del denaro senza rischiare una pericolosa retromarcia in caso di rigurgito inflattivo. Evidente la volontà della BCE di prendere tempo dopo che la FED ha mostrato un atteggiamento simile.
In Europa, soprattutto in Germania, la crescita economica è in stallo con dati di produzione industriale in deciso calo e PMI manifatturieri che stentano ad avvicinarsi alla soglia dei 50 punti. Ma l’inflazione e lo scenario geopolitico fanno temere nuove fiammate inflazionistiche e quindi meglio aspettare le decisioni di Powell. Powell che dall’altra parte dell’Atlantico si trova in una situazione non semplice. Gli ultimi dati di inflazione hanno confermato lo stabilizzarsi dei prezzi al consumo attorno al 3%, un livello non gradito e soprattutto ben lontano da quella soglia del 2% che rappresenta l’obiettivo dichiarato dalla FED.
Per questo nelle parole dei vari Governatori si legge chiaramente lo scarso entusiasmo nel voler tagliare un costo del denaro che serve anche per arginare gli ardori di un’economia in salute che macina posti di lavoro nuovi ogni mese. La caduta dei rendimenti decennali si è fermata al 4% e nelle ultime settimane questa soglia sembra aver retto egregiamente ai tentativi di discesa ulteriore. E infatti ormai il mercato non crede a più di tre tagli nel costo del denaro nel 2024.
EUR/USD: fase interlocutoria in vista della FED
L'EUR/USD è un diretto riflesso di una fase interlocutoria che vedrà protagonista questa settimana la FED con una decisione che sarà probabilmente un nulla di fatto, ma che naturalmente avrà grande importanza tattica sui prossimi mesi, anche sul cambio più importante del pianeta.
Il cambio ha consolidato molto bene la sua posizione sopra la media mobile a 200 giorni dopo averla velocemente recuperata e sembra puntare con decisione quella zona di resistenza compresa tra 1,105 e 1,12 che dovrebbe rappresentare il punto di massima forza per l’euro nelle prossime settimane. C'è però in mezzo la FED e il timore che sui tassi non se ne faccia nulla ha ridato vigore al dollaro in chiusura di settimana.
La stagionalità è sfavorevole al dollaro fino a primavera inoltrata e questo agevolerebbe un euro non supportato tanto da un differenziale tassi che si è comunque contratto, ma da una certa stabilità regionale come confermano i continui restringimenti degli spread tra Bund e periferici, BTP italiani in primis. Le elezioni europee di giugno potrebbero creare un pò di volatilità, ma non di certo quanto quella che attenderebbe il dollaro con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali di novembre.
Il percorso ideale dell'EUR/USD dovrebbe proprio essere quello di un graduale (ma modesto) apprezzamento fino alla fine dell’estate prima di una ripresa del dollaro. Vedere un cambio in zona 1,12/1,13 nei mesi primaverili potrebbe rappresentare un primo interessante punto di ingresso sul biglietto verde sul quale, ad oggi, meglio essere attendisti oppure short ogni volta che si ritorna in prossimità di 1,08. Salvo clamorose sorprese dalla FED questa settimana.