Il discorso di venerdì 22 agosto del presidente della Fed ha innescato un calo dei rendimenti USA (il 2 anni giù di10 pb), un rally dell’azionario ed un indebolimento del dollaro: il Dollar Index è sceso e l’euro è risalito verso area 1,166.
Reuters indica EUR/USD a 1,1664 nel post-speech. Prima dell’intervento, sempre secondo i dati Reuters, il cambio era scivolato fin sotto 1,16 sui timori che la Fed restasse più cauta.
Powell nelle sue parole durante il simposio di Jackson Hole ha “aperto la porta” a un taglio dei tassi già a settembre, pur senza impegnarsi, spiegando che il mercato del lavoro è in un “equilibrio curioso” e più vulnerabile del previsto, mentre gli effetti inflazionistici dei nuovi dazi dovrebbero essere di breve durata. La Fed, dunque, resta dipendente dai dati e oggi assegna maggiore peso ai rischi sul lavoro rispetto a qualche mese fa.
Euro/Dollaro in direzione di 1,18?
Contestualmente, Powell nelle sue dichiarazioni ha illustrato aggiornamenti al quadro strategico: addio alla logica di “sovracompensazione” dell’inflazione del 2020 e ritorno a un targeting flessibile più adatto a un mondo dove i tassi “zero” non sono più la norma. Grande delusione per chi sperava nella possibilità di tornare rapidamente a condizioni ultra-accomodanti, anche se non sono da escludere tagli tattici nelle prossime riunioni.
Secondo Reuters sul fronte dei prezzi impliciti, le probabilità di un taglio a settembre sono balzate intorno all’85–90% e il baricentro si è spostato dai timori d’inflazione, ai rischi sul lavoro. Finché questo dura e i dati non smentiscono, il dollaro perde parte del suo “premio da rendimento” ed EUR/USD resta meglio impostato.
Al momento siamo in zona 1,17 e un consolidamento darebbe spazio verso 1,18 mentre in area 1,1575–1,1600 c’è una zona di supporto che ha respinto l’ultima gamba ribassista pre-Powell; una rottura potrebbe portare in zona 1,14
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