Il tentativo di Donald Trump di indebolire il dollaro USA potrebbe essere vano. È quanto ha sostenuto il capo economista per gli Stati Uniti di
JP Morgan Chase, Michael Feroli. A suo avviso, se il leader repubblicano dovesse essere eletto presidente degli Stati Uniti, troverà alcuni ostacoli sulla sua strada, come quello di una
Federal Reserve indipendente e la mancanza di cooperazione da parte degli altri Paesi. "Il tema della forza del dollaro è in cima ai pensieri di Trump e del suo compagno di corsa, il senatore dell'Ohio JD Vance", ha affermato Feroli. Tra l'altro, secondo l'esperto, questo desiderio
stride con la politica trumpiana dei dazi commerciali in quanto un Paese che impone delle tariffe più elevate all'importazione vedrebbe apprezzarsi la propria valuta.
Tutto ciò però non implica, a giudizio dell'economista, che Trump non persegua politiche volte a rendere meno forte il biglietto verde. "La corrente principale della dottrina economica ha notevoli riserve sull'efficacia di un intervento unilaterale volto a indebolire il dollaro", ha detto Feroli.
Dollaro USA: come Trump potrebbe svalutarlo
Un dollaro USA più debole è da sempre un pallino di Donald Trump. Durante il suo precedente mandato alla Casa Bianca del periodo 2016-2020, il tycoon si è scontrato più volte con il governatore della Fed, Jerome Powell, accusato allora di non abbassare abbastanza i tassi di interesse per svalutare la moneta americana. Ora la Banca centrale a stelle e strisce ha iniziato il ciclo dei tagli al costo del denaro, partendo a settembre con una sforbiciata di mezzo punto percentuale. Tuttavia, i risultati macroeconomici mostrano un'economia americana ancora in salute nonostante i timori recessivi di alcune settimane fa. Questo implica che Powell probabilmente agirà con maggiore gradualità sul fronte dei tassi, mentre le altre Banche centrali procedono con passo più spedito.
Da ciò ne deriva che Trump dovrebbe
confidare su strumenti propri per attaccare la divisa nazionale. Uno di questi è l'
Exchange Stabilization Fund (ESF) del Tesoro degli Stati Uniti, che può influenzare i tassi di cambio in maniera distinta rispetto a quanto fa la Fed. "Non ci dovrebbero essere dubbi che il presidente degli Stati Uniti possa usare le risorse dell'ESF per cercare di indebolire il dollaro", ha scritto Feroli. Tuttavia, la situazione relativa al fatto che "una Fed guidata da Jerome Powell possa collaborare ai tentativi di deprezzamento è più ambigua", ha aggiunto.
In sostanza, lo sforzo del governo sul mercato dei cambi diventa più efficace se c'è il sostegno dell'autorità monetaria e se fatto di concerto con le altre Banche centrali, sottolinea Feroli. Questo "complicherebbe le cose" in particolare in rapporto ad alcune valute come euro, yen e yuan. Sulla valuta cinese subentrerebbe un'altra difficoltà, secondo l'economista di JP Morgan, ossia il fatto che la Cina mantiene un regime valutario onshore e offshore. "L'elefante nella stanza è la Cina, perché il Paese esercita controlli sui capitali in modo tale che qualsiasi potenziale intervento da parte degli Stati Uniti debba essere intrapreso solo nel mercato offshore dello yuan", ha chiosato.