Le liquidazioni del
carry trade che si sono viste all'inizio del mese di agosto hanno messo a nudo la fragilità dei mercati azionari di tutto il mondo. Dopo che la
Bank of Japan ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base nella riunione di fine luglio, gli investitori si sono affrettati a
liquidare le azioni (componente long del carry trade) per
rimborsare l'enorme quantità di denaro presa in prestito in yen (componente short). Il movimento di denaro ha causato giocoforza un crollo delle Borse, con l'indice Nikkei 225 a Tokyo che nella sola seduta del 5 agosto ha perso il 12,40%, segnando il più feroce sell-off dal
Black Monday del 1987.
La strategia da carry trade è stata costruita negli anni sulla debolezza dello yen dovuta al fatto che i tassi di interesse in Giappone erano negativi, mentre le principali Banche centrali in tutto il mondo continuavano ad alzare il costo del denaro per combattere l'inflazione. Sul fronte valutario, con i finanziamenti in yen sono stati comprati soprattutto dollari USA, che rendono ancora fino a oltre il 5%. Oltre il Forex, gli investimenti si sono concentrati su attività redditizie come le azioni, in particolare quelle tecnologiche che crescevano molto grazie al boom dell'intelligenza artificiale.
Carry trade: cosa aspettarsi ora
Le ultime sessioni di Borsa sono state molto più tranquille, facendo pensare che almeno in gran parte le liquidazioni da carry trade siano finite. Ma è davvero così? Non è facile trovare una risposta, perché non si hanno delle stime ufficiali che accertino la quantità di denaro vincolata nel carry trade. Ciò che tiene in apprensione gli investitori è l'incertezza su quanta leva finanziaria si sia accumulata intorno al Giappone, perché la portata dei movimenti di denaro potrebbe essere molto maggiore di quanto si pensi. "Il carry trade dello yen rimane l'epicentro di tutto nei mercati in questo momento", ha detto David Lutz, responsabile degli ETF di JonesTrading.
GlobalData TS Lombard ha previsto che
in ballo nella strategia ci sono stati circa 1.100 miliardi di dollari, sull'ipotesi che tutti i prestiti all'estero fatti dalle banche giapponesi dalla fine del 2022 siano stati utilizzati per il carry e gli investitori nazionali abbiano utilizzato la leva finanziaria per gli acquisti internazionali. Gli analisti di
Bank of New York Mellon ritengono che ci sia ancora molto spazio per la liquidazione, il che
porterà il cambio USD/JPY verso 100.
Molto meno catastrofici sono invece altri osservatori di mercato. Gli strategist di JPMorgan Chase hanno calcolato che il 75% delle operazioni di carry trade globali siano state ormai chiuse, mentre Citigroup ha affermato che i mercati si trovino adesso "fuori dalla zona pericolo".
In una via di mezzo è Steven Barrow, responsabile della strategia G10 presso Standard Bank a Londra, che in una nota ai clienti la scorsa settimana ha avvertito che ci sarà un'ulteriore liquidazione del carry trade, precisando però che "la parte più significativa e distruttiva di questa bolla è ormai alle nostre spalle". Tale bolla, come la chiama Barrow, ha radici vecchie di decenni, sostiene l'esperto. Da quando, cioè, l'economia giapponese negli anni '90 è stata oscurata dal crollo immobiliare e le autorità monetarie hanno portato a zero i tassi di interesse.