Il 2025 sarà ricordato probabilmente come un anno disastroso per il dollaro USA. Con un calo di circa 9 punti percentuali, il Dollar Index – che riproduce l'andamento del dollaro rispetto a un paniere delle principali valute – ha registrato la peggiore performance degli ultimi otto anni.
I fattori che hanno remato contro il biglietto verde sono stati diversi. Innanzitutto, il restringimento del differenziale dei tassi di interesse americani rispetto ad altri Paesi, dopo che la Federal Reserve a partire da settembre ha ripreso a tagliare il costo del denaro. Tassi più bassi implicano rendimenti per gli asset denominati in dollari meno attraenti, il che riduce la domanda di dollari.
Gli investitori si sono allontanati dal dollaro anche per via delle preoccupazioni sul deficit statunitense, stimato in crescita sostenuta nei prossimi anni sulla base dei programmi fiscali del governo. A incidere sulla debolezza del dollaro USA sono state anche le apprensioni per l'economia americana, con il mercato del lavoro che ha subito un rallentamento, certificato da un tasso di disoccupazione ai livelli più alti dal periodo pandemico.
Tutti questi fattori hanno surclassato la funzione di bene rifugio che tradizionalmente il dollaro ricopre quando si manifestano tensioni di natura geopolitica ed economica, che quest'anno non sono mancate.
Dollaro USA: le aspettative per il 2026
Il 2026 è ancora pieno di incognite riguardo al dollaro USA, quantunque la moneta stia dando segnali di stabilizzazione. Diversi operatori ritengono che sia in atto una specie di consolidamento delle quotazioni prima di una ripresa al ribasso.
Uno dei motivi è che il nuovo presidente della Fed, che a maggio prenderà il posto di Jerome Powell al termine del suo mandato, sarà probabilmente più incline alle volontà del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il tycoon ha esercitato forti pressioni sulla Banca centrale affinché tagliasse i tassi di interesse con maggiore intensità di quanto non abbia fatto finora.
Perciò, è ragionevole pensare che nominerà un governatore vicino alle sue posizioni. “La realtà è che il dollaro USA rimane ancora sopravvalutato dal punto di vista fondamentale”, ha dichiarato Karl Schamotta, chief market strategist di Corpay.
Secondo Anujeet Sareen, portfolio manager di Brandywine Global, il vantaggio statunitense è destinato a ridursi man mano che le altre principali economie guadagneranno slancio. "Il resto del mondo crescerà di più l'anno prossimo", ha detto. "Lo stimolo fiscale in Germania, il sostegno delle politiche in Cina e le migliori prospettive di crescita nell’area euro dovrebbero ridurre il premio di crescita degli USA che ha sostenuto il dollaro negli ultimi anni".
Della stessa opinione è Paresh Upadhyaya, direttore della strategia obbligazionaria e valutaria di Amundi, secondo cui "quando il resto del mondo inizia a mostrare segnali migliori in termini di crescita, questo favorisce un ulteriore indebolimento del dollaro”.
Jack Herr, analista di GuideStone Funds, pur non prevedendo una significativa ulteriore svalutazione come scenario base per il 2026, ha affermato che "se si dovesse registrare una debolezza in qualsiasi momento per la crescita USA l’anno prossimo, potrebbe essere negativa per i mercati e influenzare anche il dollaro".