Nel mese di maggio il mercato del lavoro statunitense ha mostrato segnali di solidità, con la creazione di 139mila nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli, un dato superiore alle attese degli analisti, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile, in linea con le stime, al 4,2%, confermando la resilienza del mercato nonostante i recenti shock.
Sebbene l’occupazione sia cresciuta più del previsto, il contesto inflazionistico ancora incerto spinge la Federal Reserve a mantenere un approccio cauto. Approccio che non piace assolutamente a Donald Trump che mercoledì scorso ha approfittato della stima ADP sotto le stime per sparare a zero nei confronti del chairman Powell. Secondo il CME FedWatch Tool, gli operatori prezzano un’estate senza cambiamenti nei tassi, che dovrebbero restare nel range attuale (4,25%-4,5%) sia nel meeting in calendario a giugno che in quello di luglio.
Strano a dirsi, ma per ora è stata l’Europa ad aver beneficiato delle politiche del tycoon: il progressivo disimpegno statunitense ha favorito i nuovi piani di spesa nel settore della difesa, la volubilità del presidente USA ha finito per rafforzare l’euro e quindi anestetizzare l’inflazione di Eurolandia ed il timore di un rallentamento economico sta favorendo un approccio proattivo da parte della BCE.
Dove va l’inflazione USA?
I dazi, abbiamo sentito negli ultimi mesi, spingeranno al rialzo i prezzi al consumo statunitensi e faranno rallentare la crescita economica. Se per quanto riguarda quest’ultimo aspetto qualche piccola avvisaglia inizia a vedersi, nel caso dell’inflazione finora abbiamo assistito ad una riduzione del tasso di crescita.
L’ultimo aggiornamento arrivato dal PCE, l’indice preferito dalla Federal Reserve perché in grado di monitorare l’andamento dei prezzi dei prodotti realmente acquistati dai consumatori, nel mese di aprile ha evidenziato un +2,1% annuo in versione “headline” ed un +2,5% su base “core” (quella calcolata al netto delle componenti più volatili). Nella rilevazione precedente i due dati avevano segnato un +2,3 ed un +2,7%.
Se questa tendenza proseguirà lo sapremo dopodomani, quando è in agenda l’aggiornamento sull’inflazione a maggio che, in versione completa e depurata, nel mese di aprile si è rispettivamente attestata al 2,3 ed al 2,8%. Giovedì sarà invece la volta dei prezzi alla produzione, un dato che, in una fase caratterizzata da tariffe doganali, è particolarmente utile per provare a stimare quella che sarà la futura traiettoria dei prezzi pagati dai consumatori.
Restando in tema di dati anticipatori, venerdì l’Università del Michigan diffonderà i numeri preliminari sull’andamento del sentiment dei consumatori USA nel mese corrente.
Nel caso di Eurolandia e Italia nel corso della settimana arriveranno gli aggiornamenti su prezzi alla produzione e bilancia commerciale.
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