La scorsa settimana la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di 25 punti base, portando il costo del denaro nell’intervallo 4-4,25%. La decisione annunciata da Jerome Powell non ha sorpreso il mercato, con la quasi totalità degli analisti che attendeva un intervento di questa portata.
Dietro alla decisione del FOMC la constatazione che il mercato del lavoro si sta indebolendo. Il focus della Banca Centrale viene così rivolto ora più di prima alla crescita economica più che alla gestione dell’inflazione.
Indubbiamente l’evoluzione del costo della vita è una dinamica che non va dimenticata, così come non vanno trascurati i potenziali impatti negativi dei dazi voluti da Donald Trump e le frizioni crescenti tra esecutivo e Fed. A conferma della crescente tensione tra le due anime vi è stato il sostegno a un taglio di 50 punti base di Stephen Miran, nuovo membro del FOMC di matrice trumpiana.
Per il momento tuttavia il mercato trascura queste variabili. Le prospettive di ulteriori tagli dei tassi e un dollaro più debole sono fattori che piacciono agli investitori e che sostengono gli asset rischiosi. Un atteggiamento da record, confermato dai massimi storici aggiornati contemporaneamente da S&P 500, Nasdaq 100, Nasdaq Composite, Dow Jones e Russell 2000, un evento che non si verificava dal novembre 2021.
Economie sotto la lente dei PMI
Come da prassi in questa terza settimana del mese, l’attenzione dei mercati e degli analisti si concentra, inevitabilmente, sui PMI. Acronimo di Purchasing Managers’ Index, questi indici, che misurano il sentiment dei direttori degli acquisti, non sono semplici numeri, ma veri e propri barometri dell’economia, capaci di anticipare le tendenze dei cicli economici.
La loro importanza risiede nella capacità di fornire un’istantanea dell’attività di un’economia, offrendo un’indicazione preziosa su dove si stiano dirigendo i comparti manifatturiero e dei servizi. Giovedì, in particolare, l’agenda economica prevede la pubblicazione delle stime preliminari di questi indicatori per l’area dell’Euro, gli Stati Uniti e il Regno Unito. Per i dati definitivi occorrerà attendere l’inizio del prossimo mese, ma già queste anticipazioni offrono un quadro eloquente.
In Eurolandia, l’ultima rilevazione ha dipinto un quadro di moderato ottimismo, con i dati saldamente al di sopra della fatidica soglia dei 50 punti, il confine che separa la crescita dalla contrazione. Questo ci dice che, nonostante le incertezze, le attività economiche si sono mantenute in espansione. Oltreoceano, negli Stati Uniti, il consenso degli analisti suggerisce che i PMI continueranno a mostrare una robusta espansione, un segnale che l’economia americana rimane su un solido sentiero di crescita. Diverso è invece il caso del Regno Unito, dove si delinea un panorama eterogeneo: alla persistente debolezza del settore manifatturiero si contrappone una notevole resilienza e vitalità del comparto dei servizi.
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