Da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca non vi è settimana che nel bene e nel male non sia stata ricca di sfaccettature e cambi repentini d’umore. Non è sfuggita a questa logica nemmeno la passata ottava. Nella settimana in cui il tycoon ha festeggiato i primi 100 giorni del suo secondo mandato, è stata l’economia USA a catturare l’attenzione degli operatori.
Quasi inaspettatamente, e per la prima volta dal 2022, il PIL della prima economia mondiale ha mostrato un calo dello 0,3% per effetto prevalentemente dell’aumento delle importazioni e della riduzione della spesa pubblica. Un segnale d’allarme che non va trascurato, specie se si considera che i primi veri effetti dei dazi inizieranno a farsi sentire dal trimestre in corso.
Per ora i dati del mercato del lavoro continuano a segnalare un’economia resiliente, con una Fed che questa settimana può mantenere invariati i tassi più serenamente. Il monito di Standard & Poor’s, che ha tagliato le stime del PIL mondiale definendo i dazi uno “shock al sistema”, potrebbe tuttavia portare Trump ad essere più accomodante. In questa direzione l’apertura della Cina a un dialogo con gli Stati Uniti può far ben sperare. Mai come in questo caso l’economia sembra poter diventare una vera colomba di pace, sia sul fronte dei dazi che per i mercati.
Powell-Trump, la saga continua
L’archiviazione, non è dato sapere per quanto tempo, dell’idea di sostituire anticipatamente il n.1 della Federal Reserve, Jerome Powell, nelle ultime sedute ha contribuito a riportare il sereno sui mercati. La fragile tregua tra il chairman e Trump, nella settimana che inizia oggi sarà minacciata dal meeting della Banca centrale.
Nonostante l’andamento della crescita economica, la stima del PIL USA del primo trimestre ha evidenziato un -0,3%, l’indice PCE, quello preferito dall’istituto monetario, consiglia prudenza. Anche se in calo, il Personal Consumption Expenditures, che misura i prezzi dei beni acquistati, a marzo su base annua si è confermato sopra quota 2% sia in versione completa (+2,3%) che in quella “core” (+2,6%). Questi dati hanno fatto salire sopra il 90% le probabilità di una conferma del costo del denaro nel meeting di mercoledì.
Nelle condizioni attuali, ma l’entrata in vigore dei dazi rende lo scenario particolarmente volatile, un taglio dei tassi dovrebbe essere varato a giugno, quando questa probabilità è stimata di poco sotto il 55%. Di conseguenza, la tregua sull’asse Powell-Trump potrebbe reggere solo nel caso in cui il comunicato finale o la conferenza stampa di Powell del 7 maggio conterranno accenni a una possibile riduzione dei tassi di interesse nel brevissimo termine.
I tassi sono invece visti riduzione in Gran Bretagna, dove l’entrata in vigore dei dazi “made in USA” ed il recente indebolimento del mercato del lavoro giovedì dovrebbero spingere la Bank of England a ridurre il benchmark dal 4,5 al 4,25%.
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