La prima parte di aprile è stata caratterizzata da estrema volatilità e nervosismo. A influenzare l’umore del mercato le decisioni di Donald Trump sul fronte dei dazi. Dopo aver vissuto una prima parte di ottava all’insegna dei ribassi e dello sconforto, la pausa di 90 giorni nell’entrata in vigore delle tariffe ha risollevato l’umore degli investitori.
Pur avendo confermato la linea dura nei confronti della Cina, e le crescenti tensioni tra Washington e Pechino che non vanno certamente trascurate, il Presidente USA sembra aver calmierato la sua aggressività dopo aver recepito i messaggi del mercato: la strada adottata non piaceva, tanto sul fronte azionario che dei titoli di Stato.
I rialzi dei rendimenti dei Treasury americani e la vendita di quote del debito USA da parte degli investitori stranieri devono aver suonato come un campanello d’allarme in un anno in cui gli Stati Uniti dovranno rifinanziare oltre il 30% del loro debito. Forse non a caso la notizia della sospensione dei dazi è arrivata circa 15 minuti dopo l’esito dell’asta sui Treasury.
Se questo indietro tutta ha indubbiamente giovato ai mercati internazionali, va tuttavia evidenziato come Trump rischi ora di aver perso agli occhi degli operatori quella credibilità necessaria per avere un rapporto fluido nel mondo degli affari.
Con i dazi arriva un nuovo taglio
Se la scorsa settimana è stato Donald Trump a mettere in scena una ritirata, in quella corrente potrebbe essere la volta della Banca Centrale Europea. Al termine del meeting del 6 marzo, quello in cui l’istituto guidato da Christine Lagarde ha tagliato il costo del denaro per la sesta volta consecutiva, il fatto che il processo disinflazionistico sia stato definito “ben avviato” e la politica monetaria “sensibilmente meno restrittiva” ha spinto il consenso degli operatori, anche alla luce di qualche mugugno all’interno del board, a pronosticare una pausa in occasione della riunione di giovedì.
A favore di un approccio più “da falco” ci sono la serie di tagli già messa in campo, per fare effetto le misure di politica monetaria necessitano di almeno 6 mesi, i dati positivi sui prestiti bancari ed i forti aumenti delle spese fiscali. Poi però sono arrivati i dazi.
Le nuove tariffe, anche se per le misure reciproche è stata stabilita una pausa di 90 giorni resta in vigore l’aliquota generalizzata del 10%, stanno portando gli operatori a scommettere su nuove sforbiciate che preparino Eurolandia ad un secondo mandato di Trump che appare particolarmente tumultuoso. Per la BCE l’impatto sul Pil della Zona Euro dovrebbe attestarsi allo 0,3%, che salirebbe allo 0,5% in caso di misure di ritorsione da parte dei Paesi del blocco.
I banchieri centrali di Francia, Grecia e Finlandia vedono con favore una nuova riduzione da 25 punti base. Persino un falco del calibro di Joachim Nagel, il n.1 della BundesBank, si è detto preoccupato per le ripercussioni dei dazi sulla crescita globale.
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