Mercoledì 2 aprile 2025 passerà alla storia per il Liberation Day, il giorno in cui Donald Trump ha ufficializzato le scelte della sua amministrazione in materia di dazi commerciali. Tariffe che interesseranno in modo trasversale le economie di tutto il Mondo e che hanno letteralmente ghiacciato i mercati. Se per Trump i nuovi dazi saranno in grado di dare il la a una nuova età americana, per gli operatori crescono i dubbi sull’esito finale per l’economia USA e quella internazionale.
Goldman Sachs ha definito la notizia “uno shock per la crescita”. Ancor più che la Cina ha già iniziato a rispondere, annunciando venerdì l’imposizione di dazi doganali del 34% su tutte le importazioni di beni americani. Le nuove misure entreranno in vigore dal 10 aprile, il giorno prima sarà l’Europa a decidere sulle eventuali contromisure. I vertici della Commissione UE hanno iniziato a negoziare con gli USA, il tenore della risposta invece non vede per il momento una visione unilaterale tra i diversi leader europei.
Tra una proiezione e l’altra quello che è certo per il momento è che i dazi finora hanno presentato un conto salato agli investitori, così come testimoniato dal crollo delle quotazioni degli indici di Borsa di tutto il Mondo.
I prezzi al consumo al test dei dazi
Ponendosi all’inizio della catena di fornitura, i dazi finiscono per incidere direttamente sull’andamento dei prezzi al consumo. Secondo le stime degli analisti, entro fine anno l’inflazione dovrebbe passare dal 2,8% dell’ultima rilevazione al 4,5-5% mandando in archivio la promessa elettorale di “porre fine all’incubo dell’inflazione”.
Prezzi più elevati finiranno per ridurre i consumi, che rappresentano circa tre quarti della ricchezza prodotta dalla prima economia, e quindi andranno a colpire anche la crescita economica (per questo si parla spesso dell’incubo rappresentato dalla “stagflazione”, il mix di “stagnazione” del PIL e “inflazione”). Messo da parte il “se”, è cruciale capire “quando” i prezzi inizieranno a salire. Tra gli altri, il timing sarà influenzato da un lato dagli stoccaggi, che permettono di temporeggiare prima di trasferire i costi sui consumatori, e dall’altro dalla volontà di alcune aziende di anticipare i futuri rialzi.
Un assaggio di questa tendenza arriverà giovedì, quando il Bureau of Labor Statistics diffonderà i numeri sull’inflazione di marzo, e venerdì, quando sarà invece la volta dei prezzi alla produzione. Lo stesso giorno arriverà anche un altro dato in grado di indirizzare le scelte dei consumatori, l’indice di fiducia elaborato dall’Università del Michigan. Si tratta di una statistica particolarmente importante, visto che traccia quasi in tempo reale (venerdì sarà la volta dei numeri relativi al mese corrente) la voglia di consumare e le aspettative sull’andamento futuro dei prezzi.
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