Un finale di settimana a sorpresa per i mercati internazionali. Seppur con una certa stanchezza, nel corso della passata ottava le Borse mondiali sembravano orientate a consolidare i loro corsi in prossimità dei massimi di periodo o addirittura storici.
Gli accordi presi a Londra tra Stati Uniti e Cina, così come le indicazioni giunte dalla lettura di mercoledì dell’inflazione americana, rappresentavano dei market mover a favore del rischio. In questa direzione andava anche la distensione dei rapporti tra Musk e Trump, protagonisti di una diatriba dialettica molto vivace la settimana precedente.
L’equilibrio è stato tuttavia rotto e spazzato via dall’attacco di Israele all’Iran. I bombardamenti di Tel Aviv hanno immediatamente fatto indossare l’elmetto agli investitori, con la più classica delle reazioni: azioni giù, petrolio e oro in volata e dollaro USA in recupero. A questo punto diventerà determinante capire l’evoluzione del conflitto Medio-Orientale: più lunga sarà la sua durata più negativa sarà la ricaduta per i mercati.
I rialzi del greggio e il rafforzamento del dollaro vanno contro le volontà di Trump e rischiano di andare a impattare negativamente sulla traiettoria della politica monetaria statunitense. Gli investitori insomma attendono la FED con l’elmetto di guerra.
La settimana delle Banche centrali
È passato quasi inosservato il fatto che l’inflazione, sia negli Stati Uniti che in Eurozona, abbia restituito dati per il mese di aprile in ulteriore frenata e in alcuni casi, come in quello della Francia, in arretramento. In particolare negli Stati Uniti i prezzi al consumo nel mese di maggio sono saliti appena dello 0,1% su base mensile, risultando su base annua inferiori alle attese (2,4% contro 2,5%). In vista della riunione della Federal Reserve (mercoledì), potrebbe essere un buon viatico per il taglio dei tassi di interesse.
Che però non avverrà questo mese. Il mercato si attende due tagli dei tassi Fed entro fine anno (Trump ne vorrebbe di più). Tuttavia la recrudescenza del conflitto in Medio Oriente dopo il bombardamento di Israele sulle strutture nucleari iraniane, con conseguente impennata dei prezzi del petrolio, e le nuove minacce tariffarie di Donald Trump spingono molti analisti a prevedere un rialzo dell’inflazione nei prossimi mesi e quindi una Federal Reserve meno disposta al taglio.
In Eurozona, intanto, dove l’inflazione appare già arrivata sui livelli desiderati dalla BCE, i falchi della Banca centrale (leggasi Schnabel) iniziano a rialzare la testa. Nella settimana entrante da segnalare anche le riunioni di Bank of Japan (martedì), della Banca nazionale svizzera e della Bank of England (giovedì), mentre per Wall Street sarà settimana corta con la chiusura di giovedì per il Juneteenth Day.
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