Lo shutdown USA prosegue ma senza turbare i mercati. Gli indici di Wall Street hanno archiviato la scorsa ottava aggiornando una volta ancora i massimi storici. A sostenere l’ultima spinta rialzista i dati sull’inflazione, risultati inferiori alle attese. In un contesto in cui da qualche settimana si viaggia “al buio” proprio per lo stop alla pubblicazione dei dati macro dovuto allo shutdown, la lettura di venerdì ha rafforzato l’idea che questa settimana Jerome Powell annuncerà un nuovo taglio dei tassi di interesse dopo quello da 25 punti base di settembre.
Il FedWatch Tool venerdì mostrava come il 96,7% degli analisti si attende per mercoledì 29 ottobre un taglio dello 0,25%. In un contesto che dunque vede i mercati posizionarsi a favore di rischio comprando azioni, sul fronte obbligazionario abbiamo assistito negli ultimi giorni a un calo dei tassi USA soprattutto nella parte più lunga della curva.
Un’ottava la scorsa che peraltro ha portato a una pesante battuta d’arresto, il 21 ottobre, per l’oro e l’argento. Il lungo rally ha favorito la valorizzazione dei guadagni maturati. Un mercato insomma che si appresta ad ascoltare con molto interesse le parole di Jerome Powell.
Fed accelera, BCE in stand-by
Jerome Powell ha recentemente rilevato che “i rischi al ribasso per l’occupazione sono aumentati”, e quei pochi vocaboli hanno confermato che la Federal Reserve è pronta a proseguire il cammino verso tassi più bassi, forse anche ad alleggerire il rigore del Quantitative Tightening, restituendo ossigeno alla liquidità globale. Attraversando l’Atlantico, il paesaggio appare molto diverso.
La Banca Centrale Europea, in un autunno povero di dati e di urgenze, sembra destinata a un incontro di routine. Gli indicatori macroeconomici lasciano poco spazio alle sorprese: qualche miglioramento nei PMI, consumi fiacchi ed un’inflazione che, tornata sopra il 2% a settembre, non basta a orientare un cambio di rotta, anche perché le nuove stime di crescita e i numeri chiave arriveranno solo il giorno stesso della decisione.
In questo vuoto informativo, né le colombe né i falchi dell’istituto guidato da Christine Lagarde intendono muoversi. I primi confidano nel tempo e nei segnali della congiuntura per riaprire il dibattito sui tagli nell’ultimo meeting dell’anno, i secondi si aggrappano ai rischi inflazionistici per difendere la pausa attuale. Tutto lascia intendere che le vere scelte arriveranno solo a dicembre. La Fed si prepara a tagliare ancora mentre l’istituto con sede a Francoforte preferisce attendere: da un lato, la spinta americana verso il sostegno alla crescita, dall’altro, la prudenza europea che osserva e misura.
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