Il taglio dei tassi della Fed ha confermato che il baricentro della politica monetaria USA si sta avvicinando a un’area neutrale: da qui in avanti a comandare saranno i dati. Lo shutdown peserà sul quarto trimestre, ma la domanda sottostante appare robusta, e i segnali arrivati dai dati macro vanno nella stessa direzione.
Guardando al 2026, la sensazione è che crescita e prezzi potrebbero risultare superiori alle proiezioni ufficiali. In questo contesto la Banca centrale USA dovrebbe confermare il costo del denaro nei prossimi meeting in attesa dell’arrivo del nuovo governatore. Con i rendimenti che resteranno probabilmente fermi, a muoversi saranno i portafogli.
Un processo di rotazione dalla tecnologia in direzione dei titoli difensivi e di quei settori che sono stati trascurati negli ultimi anni è già iniziato e promette di diventare uno dei leitmotiv del prossimo anno. Dopo la Fed, nella settimana che inizia oggi i riflettori saranno puntati sui meeting di BCE, Bank of England e Bank of Japan. Se nel caso dell’istituto con sede a Francoforte la conferma dello status quo è scontata, gli altri due istituti dovrebbero metter mano al benchmark: l’istituto d’Oltremanica dovrebbe ridurre i tassi di 25 punti base mentre nel caso della BoJ è atteso un incremento di pari entità.
Fed e BCE, inizia l’era dei dati
La Fed ha tagliato i tassi per la terza volta quest’anno, portando il Federal Funds Rate al 3,50-3,75%. Ma il vero messaggio non è nello 0,25% in meno: è nella fine dell’“allentamento preventivo”. Nella dichiarazione di dicembre, il Comitato ha ribadito che ogni mossa sarà decisa meeting by meeting, in base a dati, scenario e rischi.
Powell ha definito il taglio un “aggiustamento prudente”, non l’avvio di un nuovo ciclo espansivo. Dietro l’apparente calma, però, il consenso è fragile: tre dissensi formali, quattro “soft dissent”, sette funzionari che non vedono tagli l’anno prossimo. Il dot plot per il 2026 è una nuvola di punti, non una traiettoria.
La “nuova normalità” è l’incertezza guidata dai dati, non dagli slogan di forward guidance. Lo stesso copione, con accenti europei, si prepara alla BCE. Il 18 dicembre a Francoforte il tasso sui depositi dovrebbe restare fermo al 2%, con un comunicato il più possibile neutrale. Anche qui il mantra sarà data dependent e meeting by meeting, con il Consiglio intenzionato a preservare flessibilità in presenza di rischi bilanciati e scenario incerto.
Nonostante le note più “hawkish” di Isabel Schnabel - che vede il prossimo movimento come un rialzo - il quadro di medio termine resta coerente con la pausa prolungata e, eventualmente, con tagli più avanti, non con una nuova stretta. Per Fed e BCE, il trait d’union è evidente: la stagione delle grandi narrazioni è finita, quella del “fine tuning” è iniziata.
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