Se in un primo momento i conti scintillanti di Nvidia sembrava che fossero in grado di oscurare la narrativa “hawkish” emersa dalle minute del FOMC, le vendite che hanno colpito il Tech a stelle e strisce hanno ribadito che il vecchio mantra “Don’t fight the Fed” vale anche per la società che ha recentemente sfondato i 5.000 miliardi di capitalizzazione.
Il quadro macro gioca a favore della Banca centrale. Le non-farm payrolls di settembre hanno più che doppiato le attese, mentre l’aggiornamento sulle nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione ha raffreddato i timori di un mercato del lavoro in rapido deterioramento. Con una crescita del PIL già solida e venti favorevoli in arrivo da politiche fiscali espansive, deregolamentazione e oltre 300 miliardi di investimenti annunciati in progetti AI, lo scenario che prende forma è quello di un’economia a “K”: robusta nei numeri aggregati, ma profondamente divergente nei suoi vincitori e sconfitti.
Nvidia continua a incarnare la promessa di una nuova rivoluzione industriale, ma è ancora la Fed a dettare la traiettoria dei multipli. Finché politica monetaria e condizioni macro resteranno su questo crinale, il punteggio resterà provvisorio: Nvidia può segnare gol spettacolari, ma il risultato finale - per ora - lo decide sempre la Federal Reserve.
La Fed naviga a vista
La Fed si trova oggi al centro di un vortice di incertezza, dove i dati economici, tradizionalmente bussola delle sue decisioni, sono stati spazzati via dallo shutdown federale. Già caratterizzato da segnali contrastanti, il mercato del lavoro americano si presenta ora come un puzzle incompleto: le ultime tessere disponibili sono quelle del report di settembre, ritardato e ormai datato, mentre ottobre è destinato a restare un buco nero statistico e novembre sarà svelato solo dopo la riunione del FOMC di dicembre.
In questo scenario, la Banca centrale è chiamata a decidere il destino dei tassi senza poter contare su alcuna lettura affidabile sullo stato di salute del mercato del lavoro del quarto trimestre. I verbali dell’ultimo meeting hanno rivelato una profonda frattura tra i membri del board. Da un lato, i “falchi” sostengono che l’inflazione, ancora sopra il target del 2%, giustifica una politica monetaria restrittiva e invitano alla prudenza, temendo che nuovi tagli dei tassi possano riaccendere la miccia dei prezzi.
Dall’altro, le “colombe” sono preoccupate per il rischio di una recessione nascosta, sottolineando che la mancanza di dati affidabili potrebbe portare la Fed a intervenire troppo tardi. La frase chiave emersa dai verbali è un monito: “senza chiarezza sui dati, la prudenza impone di non dare per scontato alcun automatismo”.
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