Nonostante la Federal Reserve abbia rivisto al rialzo le stime di crescita e inflazione, la conferma dei tre tagli dei tassi attesi nel 2024 è stata interpretata come un segnale “dovish” che ha permesso agli indici azionari di aggiornare i massimi storici. Il “problema” è rappresentato dal fatto che al momento negli USA non ci sono le condizioni per una riduzione dei tassi: le indicazioni in arrivo dall’economia non mostrano molti segnali di rallentamento e i recenti dati sui prezzi sono risultati maggiori delle stime (non a caso, il rafforzamento del dollaro è stato guidato dalla convinzione che la BCE taglierà il benchmark prima della Fed).
Nuovo record anche per l’oro nel giorno in cui la Banca centrale svizzera ha sorpreso tutti tagliando il costo del denaro. La mossa della Bank of Japan, che non alzava i tassi dal 2007 e li aveva portati in territorio negativo nel 2016, è stata invece accolta con un’alzata di spalle poiché il messaggio arrivato dall’istituto guidato da Kazuo Ueda è stato eloquente: l’era dei tassi negativi è finita, quella dei tassi bassi no.
In questo contesto i mercati azionari continuano a salire in vista di un fragoroso “sell the news” che probabilmente vedrà la luce quando sarà delineato il percorso di allentamento delle maggiori Banche centrali.
Un check-up per l’economia USA
I tanti dati macroeconomici che arriveranno questa settimana dagli Stati Uniti ci diranno di più sul reale stato di salute della prima economia. Nelle ultime settimane le indicazioni arrivate dall’altra sponda dell’Atlantico hanno ribadito la solidità di un’economia che sembrerebbe star digerendo in maniera egregia la politica restrittiva della Banca centrale.
La resilienza sin qui dimostrata ha spinto più di un commentatore ad ipotizzare che il c.d. tasso di interesse neutrale (quello che nè stimola, nè rallenta la crescita dell’economia) sia decisamente più alto di quanto stimato dagli operatori.
In avvio di settimana sarà diffuso l’indice che misura le vendite di case nuove, domani sarà la volta degli ordini di beni durevoli e della fiducia dei consumatori, giovedì focus sul dato finale relativo alla crescita del quarto trimestre e sulle nuove richieste di sussidio mentre venerdì l’appuntamento è con redditi, consumi e con i prezzi al consumo misurati dal PCE (si tratta della metrica preferita dalla Fed perchè rileva le variazioni dei beni effettivamente acquistati dai consumatori USA).
Più scarna l’agenda europea, che giovedì propone le vendite al dettaglio tedesche ed i dati preliminari sull’andamento dei prezzi in Francia e nel nostro Paese. Dal Giappone giungeranno, martedì e venerdì, importanti indicazioni sui prezzi al consumo mentre in Cina domenica saranno diffusi gli indici PMI, quelli che tastano il polso ai direttori degli acquisti, del settore manifatturiero e di quello dei servizi.
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