Quella passata potrebbe essere stata una settimana importante per le prospettive di breve dei mercati finanziari. L’accordo raggiunto sul fronte dei dazi tra Stati Uniti ed Europa ha contribuito in una prima fase a dare un’ulteriore spinta rialzista alle Borse internazionali. Gli indici USA in particolar modo hanno aggiornato i massimi storici anche grazie alla pubblicazione delle trimestrali di alcune tra le più importanti aziende tech al Mondo.
Qualcosa è tuttavia cambiato giovedì, all’indomani del meeting della Fed. Jerome Powell ha mantenuto la sua direttrice sul fronte dei tassi in attesa di capire le reali ricadute sull’inflazione delle tariffe introdotte dall’amministrazione Trump. Più che ai tassi di interesse, in questa fase gli operatori guardano al rapporto tra il Presidente USA e il numero uno della Fed.
Una via di fuga potrebbe venire dai dati del mercato del lavoro di venerdì. La loro debolezza potrebbe aprire la via a un taglio del costo del denaro a settembre (le probabilità di una sforbiciata sono passate dal 38 all’80% in poche ore). Di mezzo tuttavia vi è un agosto che potrebbe essere caratterizzato da un generale risk off da parte degli investitori.
Banche centrali, tocca alla BoE
Dopo un periodo di forte debolezza, le indicazioni macroeconomiche arrivate negli ultimi giorni hanno favorito la risalita del biglietto verde. Se la conferma dei tassi messa in campo dalla BCE è da interpretare in ottica “wait and see”, e l’accordo commerciale raggiunto con gli USA rende probabilmente necessari nuovi interventi di riduzione dei saggi di Eurolandia, la conferma dell’attuale assetto macroeconomico messa in campo dalla Federal Reserve va inquadrata in un’ottica differente.
Questo non solo a causa delle fortissime interferenze in arrivo dalla Casa Bianca, che finora hanno fatto breccia in quei membri del FOMC candidati a prendere il posto di Jerome Powell, ma anche di una crescita economica tornata solida e di un indice dei prezzi PCE (quello che tiene conto del costo dei beni che vengono effettivamente acquistati) che si conferma tonico.
A questo va aggiunto il fatto che la sfrontatezza di Trump nel criticare l’operato della Banca centrale ha finito per produrre un effetto opposto per quei membri intenzionati a difendere l’indipendenza dell’istituto. In linea con quanto visto negli Stati Uniti, anche nel Regno Unito i prezzi al consumo non sono ancora sotto controllo e la decisione che sarà presa dal board della Bank of England giovedì prossimo dovrebbe evidenziare una spaccatura. Ma, a differenza della Fed, dal meeting della BoE dovrebbe emergere una riduzione del benchmark dal 4,25 al 4%.
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