Il mercato del lavoro statunitense continua a mostrare crepe importanti. Dopo quattro report mensili deludenti, l’attenzione si sposta sul Quarterly Census on Employment and Wages (QCEW), in uscita questa settimana. Questo indicatore, molto più accurato dei report mensili in quanto basato su dati amministrativi che coprono il 95% dei posti di lavoro, potrebbe rivelare che tra aprile 2024 e marzo 2025 siano stati creati fino a un milione di posti in meno rispetto alle stime precedenti.
Un dato simile confermerebbe che il rallentamento occupazionale è iniziato ben prima dell’insediamento di Trump, alimentando ulteriormente il dibattito politico sulla gestione dell’economia. Dal punto di vista dei mercati, però, il messaggio è chiaro: la Fed si trova davanti a un quadro occupazionale molto più fragile di quanto immaginato solo pochi mesi fa. In questo articolo e nella video analisi allegata, vedremo cosa aspettarci da S&P 500 e Nasdaq nei prossimi giorni.
Mercati USA: inflazione, il test decisivo
Il focus degli investitori non si limita all’occupazione. Giovedì verrà pubblicato il Consumer Price Index (CPI) di agosto, atteso in crescita dello 0,3% su base mensile e del 2,9% annuale (dal 2,7% di luglio). Il Core CPI, che esclude energia e alimentari, dovrebbe confermare un aumento mensile dello 0,3% con un dato annuo al 3,1%.
I mercati guardano soprattutto alla composizione del dato: inflazione “sticky” nei servizi potrebbe ridurre il margine per una politica monetaria accomodante, mentre segnali di allentamento fornirebbero ulteriore sostegno al rally azionario.
Fed e prospettive sui tassi
Gli operatori stanno già prezzando con il 100% di probabilità un taglio dei tassi nella riunione del 17 settembre. Non solo: è salita fino all’11% la probabilità di un taglio da 50 punti base. Il mercato sconta complessivamente circa 75 punti base di allentamento entro fine anno e fino a 200 punti base entro il 2026.
Il Presidente della Fed di Chicago, Austan Goolsbee, ha invitato alla cautela ricordando che anche l’inflazione conta, ma appare ormai isolato. Powell, nel discorso di Jackson Hole, ha già segnalato che la priorità è il deterioramento del mercato del lavoro.
Analisi degli indici americani
Gli indici hanno reagito in maniera contrastata agli ultimi dati:
-
S&P 500: settimana positiva (+0,3%), con chiusura a ridosso dei massimi storici e sopra quota 6.400, livello tecnico indicato dagli analisti come spartiacque per la continuazione del trend rialzista.
-
Nasdaq Composite: migliore tra i principali, con un incremento dell’1,1%, sostenuto dal comparto tecnologico.
-
Dow Jones Industrial Average: più debole, in calo dello 0,3% nella settimana.
La dinamica “bad news is good news” continua a prevalere: dati macro deboli vengono letti come garanzia di stimolo monetario, sostenendo la narrativa "bullish". Tuttavia, il rischio che l’inflazione da tariffe e da servizi si riveli più persistente del previsto potrebbe rimettere in discussione le aspettative troppo aggressive sui tagli.
In conclusione, i mercati americani si trovano a un bivio: da un lato il deterioramento dell’occupazione spinge la Fed verso un ciclo di tagli dei tassi, dall’altro l’inflazione resta un rischio concreto che potrebbe limitare l’ampiezza e la velocità di tali interventi.
Per ora, Wall Street continua a premiare la prospettiva di liquidità più abbondante, ma la tenuta dell’S&P 500 sopra i 6.400 punti sarà cruciale per confermare il momentum rialzista. Ne sapremo sicuramente qualcosa in più dopo il rilascio delle revisioni ufficiali del QCEW di domani 9 settembre.
Disclaimer: File MadMar.