Mai nella storia recente della politica monetaria la Federal Reserve si è trovata di fronte a un bivio così cruciale con così poche carte in mano. Mentre Wall Street cerca di decifrare la prossima mossa di Jerome Powell, l'eredità dello shutdown autunnale presenta il conto più salato proprio alla vigilia del FOMC di fine anno: un vuoto statistico senza precedenti che costringerà il banchiere centrale più rilevante al mondo, Jerome Powell, a pilotare l'economia americana quasi alla cieca.
Il paradosso del 16 dicembre e dei dati mancanti
Le notizie rimbalzate nelle ultime ore da Washington hanno il sapore della beffa per gli analisti. Il Bureau of Labor Statistics (BLS) ha ufficializzato quello che fino a ieri era solo un timore: il blackout statistico causato dalla chiusura degli uffici federali ha reso irrecuperabili i dati sull'occupazione di ottobre, che non verranno mai pubblicati nella loro forma completa.
Ma il vero cigno nero è lo slittamento del report di novembre. I dati sui Non-Farm Payrolls, bussola essenziale per ogni decisione sui tassi, saranno rilasciati solo il 16 dicembre, ovvero sei giorni dopo che Powell avrà chiuso la riunione del FOMC (fissata per il 9-10 dicembre).
La Fed si troverà dunque, per la prima volta, a dover decidere il costo del denaro per il nuovo anno senza alcuna lettura affidabile sullo stato di salute del mercato del lavoro dell'intero quarto trimestre. Un "buco nero" di due mesi che mette a dura prova la data-dependency tanto sbandierata da Powell.
I verbali della discordia: Il Comitato è spaccato
A complicare il quadro intervengono i verbali dell'ultima riunione, pubblicati ieri sera, che dipingono un comitato tutt'altro che compatto. Se fino all'estate il consenso sembrava universale verso un allentamento graduale, le Minutes rivelano ora una frattura profonda tra i membri del board.
Da un lato i "Falchi", rinvigoriti da un'inflazione che – in assenza di dati contrari sul lavoro – sembra ancora troppo appiccicosa (sticky) per giustificare nuovi stimoli. La loro tesi è semplice: nel dubbio, fermarsi. Tagliare i tassi al buio rischierebbe di riaccendere la miccia dei prezzi. Dall'altro le "Colombe", terrorizzate dall'idea che il silenzio statistico stia nascondendo crepe strutturali nell'occupazione. Per loro, attendere i dati del 16 dicembre potrebbe significare agire quando ormai la recessione ha già bussato alla porta.
La frase chiave emersa dai verbali risuona come un monito: "senza chiarezza sui dati, la prudenza impone di non dare per scontato alcun automatismo". Tradotto: il taglio di dicembre è a forte rischio.
La reazione dei mercati: fuga dal rischio
La risposta degli investitori è stata immediata e brutale. Il mercato, che odia l'incertezza più delle cattive notizie, ha drasticamente ridimensionato le scommesse. Le probabilità implicite nei futures sui Fed Funds per un taglio a dicembre sono crollate dal 70% di inizio mese a un anemico 35%.
Nessuno vuole trovarsi esposto se la Fed decidesse di tirare il freno a mano. Il dollaro torna a mostrare i muscoli, fungendo da bene rifugio, mentre l'equity paga dazio al timore di un errore di politica monetaria (il famigerato policy error) che potrebbe costare caro nel 2026.
In conclusione, il 10 dicembre non assisteremo a una normale riunione di politica economica, ma a una scommessa. Powell dovrà scegliere se fidarsi dell'istinto, rischiando di soffocare un'economia forse già fragile, o tagliare sulla fiducia, rischiando di risvegliare l'inflazione. Senza i dati di ottobre e novembre, la "scienza" economica lascia, per una volta, il posto all'arte del rischio. E i mercati, giustamente, trattengono il respiro.