Dopo la poderosa risalita dei mercati azionari dai minimi di inizio anno, molti investitori si aspettavano una traiettoria simile anche per il Bitcoin. Ma la principale criptovaluta sembra restare in una fase di pausa riflessiva: dal 9 maggio, il prezzo si è mosso in un range ristretto di 10.000 dollari, con una sola breve impennata verso il massimo storico di quasi 112.000 dollari.
Dietro le quinte si sta compiendo una trasformazione strutturale dell’ecosistema Bitcoin. Gli afflussi nei fondi ETF dedicati alla criptovaluta parlano chiaro: 12 sedute consecutive di afflussi netti e nove settimane positive su undici. Solo a giugno, gli ETF hanno raccolto oltre 3,5 miliardi di dollari, un segnale potente dell’interesse istituzionale crescente.
Eppure, il prezzo di Bitcoin è salito appena del 2% nello stesso periodo. Come spiegare questo apparente paradosso?
Bitcoin: un cambio di proprietà ben orchestrato
Secondo Markus Thielen, CEO di 10x Research, siamo di fronte ad un “cambio di proprietà ordinato e ben gestito”. Le cosiddette “megabalene” — i grandi detentori storici di Bitcoin, quelle che posseggono almeno 10.000 unità nei loro wallet — non stanno scaricando massicciamente i propri asset sul mercato, ma vendono con cautela, in linea con la domanda proveniente da ETF e corporate treasuries.
"Non stiamo assistendo a una vera domanda netta, perché la domanda è quasi perfettamente compensata dalla vendita di questi grandi wallet", afferma Thielen.
È una danza a due tra domanda istituzionale e offerta controllata: mentre i grandi fondi comprano, le megabalene vendono con il contagocce, evitando squilibri.
L’ascesa dei “delfini” e il declino dei retail
Una dinamica interessante riguarda i cosiddetti “delfini”, ovvero i wallet che detengono tra 100 e 1.000 Bitcoin. Secondo CryptoQuant, sono loro i veri protagonisti del 2025. Molti ETF ricadono in questa categoria, semplicemente perché frammentano le loro posizioni in centinaia di wallet più piccoli: BlackRock ha circa 550 indirizzi unici, Strategy (ex-MicroStrategy) ne ha 490, con medie di oltre 1.000 Bitcoin per wallet.
"In realtà, questi soggetti sono grandi detentori che hanno acquistato migliaia di Bitcoin", osserva Julio Moreno, capo della ricerca di CryptoQuant.
Nel frattempo, i veri retail, cioè i wallet con meno di un Bitcoin, stanno vendendo. E lo stesso vale per le balene con 1.000-10.000 BTC, la fascia che per anni ha influenzato l’andamento del prezzo. Ora il testimone passa ai delfini istituzionali.
I minatori cinesi: i veri giganti silenziosi
Un altro attore fondamentale sono i miner cinesi. Tra il 2013 e il 2021, la Cina ha rappresentato fino al 75% dell’hashrate globale, producendo tra 11 e 15 milioni di Bitcoin. Secondo Thielen, ne controllano ancora almeno 5 milioni.
"Nei precedenti picchi, questi wallet dormienti si svegliavano e inviavano Bitcoin agli exchange", afferma Thielen. "Ma stavolta sembrano trattenere, rilasciando solo ciò che può essere assorbito da ETF e Strategy".
Questa prudenza ha un impatto cruciale. Il comportamento attendista dei miner ha contribuito a limitare l’offerta sul mercato aperto, contribuendo alla stabilità dei prezzi.
Il rischio di uno squilibrio e le prossime mosse
Tutto ruota ora intorno all’equilibrio tra i nuovi compratori e i vecchi detentori. Se la domanda da parte dei delfini continuerà a superare l’offerta delle megabalene, il prezzo potrà lentamente crescere. Ma se l’offerta aumentasse, potrebbe partire una correzione più profonda.
"Se la pressione di vendita delle megabalene dovesse accelerare, è probabile una correzione più marcata", avverte Thielen. "Al contrario, se questa pressione dovesse registrare un'attenuazione e l’accumulazione un incremento, il prossimo slancio rialzista potrebbe avere inizio".
Per ora, la situazione resta di consolidamento. Il prezzo del Bitcoin non esplode perché l’indicatore tattico di flusso – usato da 10x Research – non segnala ancora uno squilibrio netto a favore dell’acquisto.