Uno dei principali motivi per cui recentemente il prezzo del
Bitcoin ha sfondato la soglia psicologica dei 100.000 dollari è la promessa del presidente eletto
Donald Trump di creare una riserva strategica della criptovaluta. Attualmente, il Tesoro americano detiene circa
200 mila Bitcoin, che valgono all'incirca 20 miliardi di dollari. Si tratta di asset confiscati alle attività criminali. La senatrice Cynthia Lummis ha richiesto al governo di
acquistare un altro milione di Bitcoin nell'arco di cinque anni e tenere le scorte per un ventennio.
Bisogna fare però qualche precisazione. Sia il governo che la Federal Reserve hanno alcune riserve strategiche. Il primo ad esempio possiede le scorte di petrolio da utilizzare per bilanciare il mercato, come è avvenuto nel 2022 a seguito della contrazione dell'offerta che aveva fatto schizzare in alto le quotazioni del greggio. La Banca centrale USA utilizza vari asset nell'ambito della regolazione della politica monetaria per controllare l'inflazione e l'occupazione, nonché al fine di stabilizzare il sistema finanziario. Ma quale sarebbe lo scopo di creare una riserva strategica di Bitcoin?
Prima di tutto non bisogna dimenticare che quando il governo accumula scorte di ogni tipo, usa il denaro dei contribuenti. Nel caso del Bitcoin, non è chiaro ancora per quale finalità, se non per quella di natura puramente speculativa. In sostanza, si punta sulla crescita di valore di una moneta virtuale congelandola dagli scambi e rendendola più rara.
Volendo trarre una versione positiva, l'obiettivo potrebbe essere quello di stimolare tutto l'ecosistema crittografico al fine di migliorare e rendere più efficienti i servizi finanziari a vantaggio di tutti. Resta il fatto che il legame con l'economia reale, sul fronte dell'inflazione, dell'occupazione e della crescita, per il momento non si vede.
Bitcoin: i grandi rischi all'orizzonte di una riserva strategica
Il punto però è un altro. Cosa potrebbe succedere se qualcosa andasse storto? Intanto, per finanziare la riserva, il Tesoro deve prendere denaro in prestito su cui paga gli interessi, facendo
aumentare il debito già enorme del Paese. Dalla detenzione di Bitcoin non otterrebbe però reddito sotto forma di interessi, ma solo un incremento di valore che resta teorico fino a quando le riserve rimangono tali e non vengono liquidate. Questo sempre che le
quotazioni del Bitcoin salgano nel tempo.
L'ipotesi negativa, secondo alcuni analisti, sarebbe se il prezzo della criptovaluta dovesse crollare per qualche motivo. Il governo in quel caso si troverebbe in casa un asset svalutato, il che implicherebbe il ricorso a nuove tasse per farvi fronte. Ma c'è un altro rischio enorme all'orizzonte.
Una riserva strategica sarebbe una ventata di entusiasmo per alcune istituzioni finanziarie come le banche che finora sono rimaste fuori. Se gli istituti di credito ricevessero il benestare delle autorità di regolamentazione per prestare denaro dietro la garanzia collaterale di un asset digitale come il Bitcoin, la caduta del prezzo di quest'ultimo, per gli analisti, potrebbe avere l'effetto di mandare all'aria un intero sistema finanziario similmente a quanto accadde con i mutui subprime nella grande crisi del 2008.