Le azioni Xiaomi sono crollate nella Borsa di Hong Kong scendendo di oltre il 4% a seguito delle accuse di rimesse legali lanciate dalla Autorità indiane al gigante dello smartphone, che hanno comportato il sequestro di circa 730 milioni di dollari. La divisione antiriciclaggio e criminalità valutaria di Nuova Delhi ha riferito che la filiale indiana di Xiaomi avrebbe inviato 55,51 miliardi di rupie, pari a 725 milioni di dollari di valuta estera fuori dai confini del Paese, violando le leggi indiane sul trasferimento valutario. Questi fondi, la società cinese li avrebbe camuffati in pagamenti da royalties in base alle istruzioni ricevuti dalla società madre, fornendo informazioni fuorvianti alle banche mentre effettuava le rimesse.
Dal canto suo la società ha risposto che i pagamenti in esame sono legittimi e veritieri, in quanto le royalty che Xiaomi India ha realizzato erano per le tecnologie e gli IP con licenza sui prodotti in versione indiana. Quindi l'accordo commerciale messo in atto sarebbe del tutto legittimo. Tuttavia, l'azienda ha comunicato che chiarirà eventuali malintesi con le Autorità indiane tenendosi a disposizione.
Xiaomi: rapporti tesi tra Cina e India
Xiaomi è molto presente in India, con una quota di mercato del 20%. Le tensioni però tra Pechino e Nuova Delhi, generati dagli scontri mortali al confine nel 2020, hanno minato le relazioni diplomatiche e da allora molte app cinesi sono state bandite dall'India, a partire da quella che ha spopolato in un'intera generazione, ossia TikTok. Negli ultimi mesi la repressione si è infittita, con le Autorità indiane che hanno effettuato una serie di sequestri di beni nei confronti di imprese straniere.
Questo sta creando un danno non indifferente alle imprese cinesi, che in questo momento stanno affrontando il problema delle chiusure nel proprio Paese dovute ai focolai del Covid-19. Il mercato indiano quindi costituisce uno sbocco importante per le vendite, ma gli ostacoli cominciano a pesare.
Ivan Lam, analista di smartphone presso Counterpoint Research, ha affermato che gli investitori sono preoccupati per l'indagine in corso nei confronti di Xiaomi. L'inchiesta dovrebbe essere risolta nell'arco di 3-4 mesi ma nel frattempo la società rimane sotto sorveglianza del Governo indiano, sostiene Lam. L'esperto riferisce anche come l'India sia il secondo mercato più grande per Xiaomi, mentre quello cinese sta vivendo un calo della domanda a causa del blocco.
Jayanth Kolla, analista di telecomunicazioni e tecnologia con sede a Bangalore, mantiene un certo ottimismo affermando che le aziende cinesi potrebbero soffrire l'aggressività indiana, ma non è qualcosa che non saranno in grado di superare.